INTRODUZIONE
La gravidanza è il periodo necessario allo sviluppo completo del feto dal concepimento al parto e non deve essere approcciata o vista come una patologia, essendo un processo del tutto fisiologico. Durante i nove mesi tutte le attenzioni della madre sono rivolte al bambino ed è proprio per questo motivo che essa effettua diverse visite per monitorare la sua salute e quella del feto.
In gravidanza aumenta la richiesta dei nutrienti della dieta quali proteine, lipidi, carboidrati, fibre, vitamine e sali minerali (fig. 1).
Le proteine durante la gravidanza devono contribuire al 20% circa del fabbisogno energetico, infatti sono i costituenti primari del corpo del bambino e della placenta. I livelli di assunzione raccomandati si riferiscono alle proteine ad alto valore biologico, quindi principalmente:
› latte (che possiede il più alto valore biologico);
› proteine animali (carne e pesce);
› proteine di origine vegetale(cereali, legumi, patate).
La quantità di lipidi non subisce variazioni in gravidanzae deve contribuire al 30% circa del fabbisogno energetico giornaliero. I lipidi rappresentano la più importante forma di riserva di energia, sono i costituenti delle membrane cellulari e i responsabili del trasporto di alcune vitamine (A, D, E e K, le cosiddette vitamine liposolubili).
I lipidi da prediligere sono quelli derivanti da:
› pesce (acidi grassi insaturi-polinsaturi), soprattutto pesce azzurro, ricco di omega 6 e omega 3;
› olio d’oliva (acidi grassi insaturi-monoinsaturi).
I lipidi da evitare sono quelli derivanti da carni e formaggi.
I carboidrati svolgono numerose funzioni biologiche, tra cui quella di riserva energetica e trasporto dell’energia (esempio: amido, glicogeno) e giocano un ruolo fondamentale nel sistema immunitario, nella fertilità e nello sviluppo biologico. Hanno la funzione di fornire energia per il 50% del fabbisogno energetico totale; sono da prediligere quelli sotto forma di zuccheri complessi contenuti in pane, pasta, riso, patate. I carboidrati da evitare sono quelli sotto forma di zuccheri semplici contenuti in dolci e bevande zuccherate. È importante ricordare come in gravidanza sia preferibile assumere i carboidrati complessi con il pasto serale piuttosto che a pranzo, poiché aumenta la secrezione dell’ormone lattogeno placentare, il quale ha il compito di facilitare il passaggio degli zuccheri dalla madre al futuro bambino.
Per quanto riguarda le fibre, esse migliorano la funzionalità intestinale, aumentando la peristalsi e prevenendo fenomeni di stipsi. Sono presenti nei cereali e loro derivati, nella frutta e nella verdura.
Inoltre modulano l’assorbimento di zuccheri e lipidi, ciò è importante sia per la prevenzione del diabete gestazionale sia per il controllo del peso.
Le vitamine e i sali minerali sono indispensabili per il metabolismo e poiché non sono sintetizzabili dall’organismo devono essere assunti con alimenti e integratori. Ora esamineremo le vitamine più importanti ovvero: B9, B12, A e D.
Vitamina B9
La vitamina B9 o acido folico è una sostanza indispensabile per l’organismo umano perché è fondamentale per la produzione del DNA, delle proteine e dell’emoglobina e partecipa nelle reazioni biochimiche di divisione cellulare, soprattutto durante l’organogenesi; carenze invece possono provocare problemi nella differenziazione del tubo neurale (DTN), portare allo sviluppo di una spina bifida e portare anemia. La vitamina B9 è presente nelle frattaglie, nelle verdure a foglia verde e nelle uova e va tenuto presente che parte dell’acido folico si può perdere durante la cottura in quanto termolabile (tab. 1). La gestante dovrebbe assumere acido folico a partire almeno da 1 mese prima del concepimento e continuare per tutto il 1° trimestre di gravidanza. La dose raccomandata è di 0,4 mg/die per le donne che non hanno avuto un precedente bambino affetto da DTN (differenziazione del tubo neurale), mentre si eleva fino a 5 mg per le donne che hanno familiarità con difetto di tubo neurale (3).
Prodotto | Contenuto in acido folico/ folato (mcg/g) |
---|---|
Manzo lesso | 0.03 |
Pollo arrostito | 0.07 |
Merluzzo fritto | 0.16 |
Uova sode | 0.30 Contenuto Medio |
Cavoletti di Bruxelles lessi | 0.20 |
Cavolo lesso | 0.11 |
Lattuga | 2.00 Contenuto Alto |
Patate bollite | 0.12 |
Spinaci bolliti | 0.29 |
Pomodoro | 0.18 |
Arancia | 0.45 |
Latte | 0.0028 Contenuto Basso |
Pane bianco | 0.17 |
Pane nero | 0.38 |
Succo d’arancia, congelato/ricostituito | 0.50 |
Pomodoro in conserva | 0.10 |
Vitamina B12
Con il termine vitamina B12 viene identificato un gruppo di sostanze chimicamente affini e note come cobolamine, importanti poiché agiscono in combinazione con l’acido folico per una perfetta emopoiesi ovvero formazione di tutti i tipi di cellule del sangue. La sua carenza è pertanto simile a quella dell’acido folico e, quando è grave, produce anemia. Le fonti di vitamina B12 sono essenzialmente di origine animale (tab. 2): fegato, cozze, sarde, sgombri, uova e latte e i suoi derivati; per questo motivo i rischi di carenza sono più concreti nei vegetariani. La B12 è l’unica vitamina idrosolubile di cui esistano riserve importanti nell’organismo che, concentrate a livello epatico, riescono a coprirne il fabbisogno per lunghi periodi di tempo (fino a 3-5 anni). Il fabbisogno quotidiano di vitamina B12 è veramente modesto, ma comunque essenziale. La dose giornaliera richiesta per l’adulto è di circa 2-2,5 µg, mentre i depositi presenti nell’organismo ammontano a circa 4 mg. Il fabbisogno aumenta leggermente durante la gravidanza e l’allattamento (4).
Alimento | Vitamina B12 |
---|---|
Fegato di bovino | 100 |
Cozza | 19 |
Sardine | 11.9 |
Sgombro | 8 |
Tuorlo d'uovo | 4.9 |
Salmone | 4 |
Uovo | 2.5 |
Mozzarella | 2.1 |
Emmenthal | 2 |
Parmigiano | 1.9 |
Gruyere | 1.6 |
Latte UHT | 0.4 |
Vitamina A
Con il termine vitamina A vengono indicati il retinolo, i retinoidi (di cui si conoscono almeno 1.500 tipi) e i carotenoidi.
Essa favorisce:
› la protezione e la salute di pelle, mucose e vista;
› il buon funzionamento del sistema immunitario contro le infezioni (specialmente dell’apparato respiratorio);
› la crescita sana di denti e ossa.
La vitamina A è maggiormente presente negli alimenti di origine animale quali fegato, milza, latte, uova e pesce. Dato che carne, latte e uova sono però ricchi in colesterolo LDL (colesterolo cattivo), si consiglia di assumere la vitamina A tramite pesce e vegetali, tra questi ultimi soprattutto ne sono ricchi quelli a colorazione giallo-arancione e quelli a foglia. L’assunzione di vitamina A con la dieta dovrebbe essere limitata a un consumo giornaliero di 2.310 UI (700 μg) poiché livelli elevati, compresi tra 10.000 e 25.000 UI (unità internazionale) sono considerati teratogeni, per la possibilità di provocare malformazioni al feto (5-8).
Vitamina D
La vitamina D sta ad indicare un gruppo costituito da 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5. Le due più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) di provenienza vegetale e la vitamina D3 (colecalciferolo) derivante dal colesterolo, sintetizzata negli organismi animali.
Durante la gravidanza la vitamina D è essenziale per migliorare l’omeostasi del calcio, incluso il suo assorbimento attraverso la placenta, migliorare la crescita del feto, specie nell’ultimo trimestre di gravidanza, e migliorare i processi di mineralizzazione dell’osso.
Un alimento particolarmente ricco di vitamina D è l’olio di fegato di merluzzo, seguono poi i pesci grassi (come i salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il fegato e le verdure verdi. Dosi elevate di vitamina D migliorano marginalmente la crescita del feto, non producono esiti negativi per la salute materna e del nascituro, mentre dosi limitate di vitamina D impediscono l’esposizione della cute ai raggi solari (6).
Passiamo ora ad esaminare i più importanti sali minerali quali ferro, calcio, iodio, fluoro e fosforo.
Ferro
Il ferro ha la funzione di trasportare l’ossigeno, attraverso l’emoglobina contenuta nei globuli rossi, ai vari organi. È molto importante sia per il feto che per la madre perché spesso in gravidanza può insorgere un’anemia da carenza di ferro. Tra le migliori fonti alimentari di ferro si annoverano i legumi (lenticchie), frutta secca oleosa, cacao, carne e pesce (tab. 3). Gli spinaci non sono tra i cibi più ricchi di ferro, anzi sono tra i vegetali che, se assunti in congiunzione con alimenti ricchi di ferro, ne diminuiscono la biodisponibilità. Una persona adulta necessita in media di una quantità pari a 10-15 mg/die, una donna in gravidanza ha bisogno di almeno 30 mg/die di ferro (7).
Alimento | mg/100 gr |
---|---|
Farina di soia | 6.9 |
Germe di grano | 10 |
Muesli | 5.6 |
Riso | 2.9 |
Fagioli | 3 |
Lenticchie | 8 |
Pollo | 1 |
Carne di manzo | 1.8 |
Trota | 1 |
Calcio
Il calcio è il quarto fattore di coagulazione del sangue ed è importante durante la gravidanza in quanto aumenta il trasferimento di calcio tra la madre e il bambino, soprattutto durante il 3° trimestre. Una carenza di calcio può determinare decalcificazione delle ossa materne e una ridotta crescita intrauterina; può portare anche a parti prematuri, aumento delle morti intrauterine ed è responsabile di un’elevata pressione arteriosa nel neonato. Un eccesso di calcio nella dieta invece porta alla formazione di calcoli renali. È risaputo che il latte e i suoi derivati sono degli alimenti ad alto contenuto di calcio, mentre non tutti sanno che un tipo di calcio di più facile assorbimento è quello contenuto nei vegetali quali gli spinaci, la cipolla, la lattuga e i broccoli (tab. 4). Il fabbisogno giornaliero medio è 1 g/die, durante la gravidanza è 1,5 g/die (8).
Alimento | mg |
---|---|
Latte intero | 119 |
Latte parzialmente scremato | 120 |
Yogurt intero | 111 |
Emmenthal | 1145 |
Fontina | 870 |
Grana | 1290 |
Mozzarella | 403 |
Lattuga | 53 |
Radicchio verde | 115 |
Spinaci | 78 |
Iodio
Lo iodio è indispensabile per la sintesi degli ormoni tiroidei tiroxina e triiodotironina. Il fabbisogno di iodio nelle donne in gravidanza aumenta perché la tiroide materna deve produrre ormoni anche per il feto che altrimenti, in caso di carenza, può avere serie ripercussioni come ad esempio alterazioni neurologiche, deficit mentale e di attenzione e iperattività. Durante la gravidanza si devono consumare alimenti ricchi di iodio quali pesce (alimento più ricco in assoluto), latte, uova, ortaggi e frutta. La dose consigliata è di 200-250 μg e l’organizzazione mondiale della sanità raccomanda, durante la gravidanza, un’ulteriore assunzione tramite integratori multivitaminici di 150 μg di iodio (5-8).
Fluoro
Il fluoro aiuta nella prevenzione della malattia cariosa perché, nella fase di formazione dello smalto, sostituisce gli ioni idrogeno con ioni fluoro, formando al posto dell’idrossiapatite la fluoroapatite, sostanza più resistente all’attacco acido della placca batterica. Il fluoro è presente in natura in molti alimenti e bevande come il tè, le patate, il pane integrale e gli spinaci. È presente soprattutto nell’acqua ed inoltre viene aggiunto nei dentifrici, nei gel e nei collutori per l’igiene orale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di assumere in gravidanza 1 mg al dì dal 4° mese fino al parto e durante l’allattamento (5-8).
Fosforo
Il fosforo riveste un ruolo importante perché è presente in tutte le cellule essendo un costituente essenziale dei fosfolipidi, è inoltre indispensabile per la produzione di energia, intervenendo nei processi di trasformazione dei grassi, dei carboidrati e delle proteine in energia, la sua carenza determina quindi astenia. Le principali fonti dietetiche sono le proteine della carne e del latte, le uova, i pesci, i legumi e i cereali. Il fabbisogno giornaliero di fosforo varia mediamente tra 800-1000 mg al dì mentre durante la gravidanza e l’allattamento si devono introdurre 1200 mg al giorno (5-8).
Identificazione delle patologie odontostomatologiche tipiche della gravidanza
Dalla letteratura si evince come, durante la gravidanza, insorgano patologie odontostomatologiche tipiche di questo periodo che devono essere intercettate precocemente perché possono interferire sul normale svolgimento della gestazione (9, 10).
Nel 1991 Collins, nel 1996 Offenbacher e nel 2008 Han hanno dimostrato che l’infezione severa e generalizzata del parodonto è un possibile fattore di rischio di nascita prematura. I microrganismi Gram negativi, tipici delle affezioni parodontali rilasciano lipopolisaccaridi, i quali vanno a reagire come antigeni con il sistema di difesa della paziente facendo aumentare significativamente il livello ematico di citochine infiammatorie, come interleuchine e prostaglandine. Queste elevate concentrazioni ematiche di citochine sono responsabili della rottura delle membrane uterine che inducono il parto pretermine. Le alterazioni infiammatorie dei tessuti gengivali che si verificano in gravidanza possono essere il risultato di una risposta esagerata dei tessuti alla placca batterica. Le cause vanno ricercate nelle modificazioni anatomo-fisiologiche, soprattutto ormonali, cui va incontro la gestante, ma spesso anche nella riluttanza della paziente a sottoporsi alla normale igiene orale domiciliare dovuta al fatto che essa pone la propria attenzione su altre problematiche ed aspetti della gravidanza. Queste alterazioni si osservano solitamente a partire dal secondo mese e, se non vengono trattate, continuano, via via che il livello ormonale si innalza, fino ad un massimo durante l’ottavo mese. Progressivamente infatti gli ormoni raggiungono i livelli più alti di concentrazione, in particolare gli estrogeni, i quali sono i responsabili dell’aumentata stimolazione dei tessuti parodontali. La sintomatologia regredisce dopo la nascita del bambino, ma non si osserva necessariamente un completo ritorno ad una condizione di salute.
Nello specifico le alterazioni alle quali possiamo assistere sono:
› un aggravamento della situazione parodontale, spesso già molto compromessa prima della gravidanza, a causa di scarsa igiene orale e a causa dell’azione della Gonadotropina Corionica Umana (HCG) e del progesterone;
› una gengivite da gravidanza, la quale riconosce sempre una causa determinante nella placca batterica, ma è in parte anche causata da estrogeni e in minor misura dal progesterone;
› l’epulide gravidica, neoformazione iuxtagengivale di colore rosso-violaceo, sessile o peduncolata, spesso ricoperta da fibrina, con tendenza al sanguinamento spontaneo, a volte dolorosa. Il sito di predilezione sono le papille interdentali. La sua eziologia è da attribuirsi a stimoli di natura infettiva come placca, tartaro o carie ma anche all’accumulo di collagene nel tessuto connettivo a seguito dell’inibizione dell’enzima collagenasi determinata dal progesterone;
› turbe salivari, modificazioni qualitative come l’abbassamento del pH o l’aumento di mucina, ioni ferro, calcio, potassio, oppure modificazioni quantitative come scialorrea e iposcialia;
› aumento dell’incidenza della patologia cariosa a causa di alterazioni metaboliche, modificazioni qualitative salivari, erosione dello smalto, scarsa igiene orale, aumento dei livelli di Streptococcus Mutans (1, 9, 10).
L’obiettivo di questo lavoro sperimentale è stato quello di fornire uno studio statistico delle varie alterazioni che possono essere riscontrate a livello dentoparodontale durante gli screening a pazienti gravide.
MATERIALI E METODI
Il nostro lavoro è stato effettuato reclutando 130 donne al terzo mese della prima gestazione, scelte in modo randomizzato, di età compresa tra i 20 e i 40 anni, di nazionalità italiana, in possesso di diploma di scuola secondaria superiore, provenienti dal reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale San Gerardo di Monza.
Il nostro progetto ha previsto due visite di controllo odontoiatriche durante la gestazione.
Durante la prima seduta, al terzo mese di gravidanza, si è eseguita compilazione della cartella che comprendeva un questionario da consegnare alle pazienti e una parte riservata all’operatore. I dati sono stati raccolti con il consenso delle pazienti, in assoluto anonimato.
Il questionario comprendeva domande relative alle abitudini alimentari della madre, i presidi utilizzati per l’igiene orale domiciliare, la conoscenza o meno di alcune problematiche tipiche del periodo come ad esempio fenomeni d’emesi (fig. 2).
Nella parte riservata all’operatore sono state annotate le varie manifstazioni gravidiche intraorali quali iposcialia, scialorrea, epulide gravidica, gengivite da gravidanza, parodontopatia e il livello di igiene orale rilevato mediante indice di placca di O’Leary.
Durante la seconda seduta, al quarto mese di gravidanza, si è eseguita igiene orale professionale e rimotivazione sia per le manovre di igiene orale domiciliare che per una corretta alimentazione mediante visione di un power point e consegna di una brochure (figg. 3 e4).
RISULTATI
Al termine dello studio sono stati analizzati i dati raccolti con il questionario consegnato alle gestanti:
› la frequenza delle manovre di igiene orale delle gestanti (fig. 5);
› gli strumenti utilizzati per l’igiene domiciliare (fig. 6);
› l’incidenza dei fenomeni di sanguinamento gengivale (fig. 7);
› l’incidenza dei fenomeni di emesi (fig. 8);
› la conoscenza da parte delle gestanti dell’utilizzo in campo odontoiatrico del fluoro (fig. 9);
› la conoscenza da parte delle future mamme della dentizione e della permuta del nascituro (figg. 10 a-d).
Inoltre sono stati analizzati i dati raccolti durante lo screening:
› livello di igiene orale riscontrato con l’indice di placca (fig. 11);
› manifestazioni a livello del cavo orale tipiche nei nove mesi di gestazione (fig. 12).
DISCUSSIONE
Iniziamo ora ad analizzare i dati ottenuti dalle domande effettuate alle 130 pazienti prese in esame.
Il primo quesito posto alle pazienti è stato inerente alla frequenza con la quale eseguono le manovre di igiene orale domiciliare.
È emerso che: il 9% (12 pazienti su 130) si dedica a manovre d’igiene solo una volta al giorno, il 49% (64 pazienti su 130) due volte in una giornata, il 40% (52 pazienti su 130) tre volte, infine il 2% (2 pazienti su 130) dichiara di non lavare mai denti e gengive.
Dal livello di igiene orale osservato durante lo screening, in relazione ai dati acquisiti, si deduce che le metodiche e il tempo dedicato dalle pazienti alle manovre di igiene non sono sufficienti, quindi l’igienista dentale dovrebbe riuscire a motivarle nel modo corretto, facendo capire loro l’importanza di abbassare la carica batterica microbica, soprattutto in relazione al loro stato interessante e alle patologie orali ad esso collegate.
È stata inoltre chiesta alle gestanti la tipologia degli strumenti utilizzati per la loro igiene orale domiciliare: solo il 7,7% di queste (10 pazienti su 130) si serve di tutti i presidi che dovrebbero essere impiegati quotidianamente.
Durante gli screening si è cercato quindi di motivare ed educare le pazienti a migliorare il loro stato di salute parodontale, consigliando i presidi necessari per il raggiungimento di una buona igiene orale e istruendo sul tempo da dedicare a queste metodiche. Questo lavoro è rivolto in particolar modo a quelle donne in stato interessante che dichiarano di non curarsi minimamente della loro igiene orale, andando a compromettere in modo serio sia la loro salute dentale e gengivale, sia la salute fetale. Infatti un’elevata batteriemia induce un’eccessiva produzione di prostaglandine, che attraverso il circolo ematico possono arrivare alla placenta e possono causare contrazioni uterine premature o riduzione del peso alla nascita.
Un altro importante dato che siamo andati a registrare è quello del sanguinamento gengivale (fig. 7). Esso può essere spontaneo, provocato dallo spazzolamento oppure può avvenire in entrambi i modi. Su 130 pazienti in totale, 80 (61,5%) lamenta sanguinamento gengivale durante lo spazzolamento, 48 (36,9%) riferiscono sanguinamento spontaneo, 14 (10,8%) presentano gengive sanguinanti sia spontaneamente sia dopo normale igiene orale ed infine 16 (12,3%) non mostrano sanguinamento gengivale. Tali valori sembrano avvalorare la tesi proposta in letteratura, secondo cui i cambiamenti ormonali e i loro effetti sulle mucose gengivali provocano edema e/o aumento della vascolarizzazione con conseguente aumento della tendenza al sanguinamento.
Un ulteriore quesito da prendere in considerazione è il numero di donne soggette a fenomeni d’emesi e verificare quante sciacquino il cavo orale dopo tali episodi (fig. 8 a e b). Come si può osservare, sul totale di 130 donne, 82 non sono soggette ad episodi di emesi (63%), mentre le restanti 48 (37%) sì. Di queste ultime, ben il 79%, corrispondente a 38 donne, sciacqua il cavo orale dopo aver vomitato, mentre il restante 21% non esegue tale manovra. Per questo motivo l’igienista dentale deve illustrare alle pazienti il pericolo rappresentato dagli acidi dei succhi gastrici, i quali se ripetutamente transitano e permangono a lungo a livello del cavo orale provocano un drastico abbassamento del pH, con conseguente demineralizzazione dello smalto dentale. Si vengono così a creare erosioni da acidi, le quali possono evolvere rapidamente in carie dell’elemento dentale. Si deve consigliare alle gestanti di sciacquare la bocca dopo episodi d’emesi semplicemente con acqua e bicarbonato o acqua e sostanze fluorate, per cercare di riportare il pH del cavo orale ad un valore di neutralità, circa 7. Recenti studi dimostrano invece che è sbagliato spazzolare i denti subito dopo aver vomitato, perché le setole dello spazzolino, unitamente agli acidi presenti sulla superficie, andrebbero ancora di più ad erodere lo smalto.
Sono state poste alle donne anche domande inerenti la salute dei denti dei bambini, prime tra tutte quelle attinenti al fluoro (fig. 9). È emerso che il 53% delle gestanti (69 su 130) conosce l’esistenza di questa sostanza e l’importanza del suo utilizzo per prevenire l’insorgenza della patologia cariosa, mentre il restante 47% (61 su 130) non sa del suo utilizzo in ambito odontoiatrico e non conosce l’utilizzo di esso come terapia.
Attraverso delle semplici domande, riguardanti la crescita e la perdita degli elementi dentari del bambino, abbiamo analizzato la conoscenza delle pazienti in merito alle più comuni nozioni della dentizione degli infanti. Da come si evince nella figura 10 a-b-c-d solo il 18%, ovvero 23 donne su 130 sanno quanti sono i denti decidui dei bambini; mentre il restante 82%, 107 donne sulle 130 intervistate non lo sa. Il 60% delle donne, 78 sulle 130 totali, è al corrente di quando erompe il primo dente da latte, mentre il 40%, 52 donne su 130, no. Il 70% delle donne, 91 su 130, sa quando iniziano a cadere i denti da latte, mentre il restante 30%, 39 su 130 non ne è a conoscenza. Il 20% delle donne, 26 sulle 130 totali, è al corrente di quando erompe il primo molare permanente, mentre il restante 80%, 104 su 130 non lo sa. Questo valore, apparentemente di poco conto, è fondamentale, come è fondamentale che le donne ne siano a conoscenza.
Le superfici masticatorie (o superfici occlusali) dei molari hanno profondi solchi al cui interno la placca batterica può infiltrarsi e rimanere intrappolata. Una caratteristica anatomica che rende queste aree fortemente esposte al rischio di carie, nonostante una corretta igiene orale. Se oltre a ciò consideriamo che i primi molari permanenti, chiamati “denti dei sei anni”, fanno la loro comparsa ad un’età in cui è massimo il consumo di zuccheri e spesso insufficienti le manovre d’igiene orale, ci possiamo spiegare perché, tra i denti permanenti, questi sono quelli che subiscono le più precoci e gravi lesioni cariose. È quindi utile far portare il bambino dall’igienista dentale che può applicare una resina, in modo da rendere i denti appena erotti inattaccabili dai germi. Questo metodo, chiamato “sigillatura dei solchi masticatori”, ha il compito di proteggere lo smalto di quelle zone nascoste e di difficile pulizia, dove possono annidarsi prima residui alimentari e poi microrganismi con formazione di placca batterica e carie. È stato quindi domandato alle future mamme se avessero mai sentito parlare di sigillature e della loro utilità, ma solo il 15% (ovvero 19 donne su 130) sono al corrente di questa manovra preventiva. Proprio per questo motivo, l’igienista dentale ricopre un ruolo fondamentale nella prevenzione primaria e pertanto deve cercare di ampliare il livello di conoscenza dei concetti di base dell’odontoiatria in modo tale da ottenere una riduzione dello sviluppo della patologia cariosa.
Come si può notare dalla figura 11, la maggioranza delle pazienti visitate, che corrisponde a 84 su 130, presenta un livello di igiene orale da migliorare (per la precisione 53 donne presentano un livello di igiene orale scarso, 10 presentano un livello di igiene orale insufficiente e 21 un livello di igiene orale discreto). Appare evidente che il 66% delle pazienti non riesce a mantenere un’igiene adeguata del cavo orale con le metodiche conosciute e non comprende nemmeno l’enorme importanza di essa per la prevenzione di serie patologie che possono coinvolgere il parodonto, soprattutto durante il periodo gestazionale, nel quale i cambiamenti ormonali associati ad un’abbondante quantità di placca batterica possono provocare diverse problematiche. Il restante 34% invece, presenta un livello di igiene orale accettabile (in particolare 38 pazienti presentano un buon livello di igiene orale e solo 6 pazienti presentano un ottimo livello di igiene orale). Questi dati ci fanno capire come la figura dell’igienista dentale possa essere utile per ottenere un miglioramento nell’igiene orale domiciliare seguendo le pazienti e dando loro opportuni consigli. Mediante la rilevazione del DMFT su 130 pazienti esaminate la media che ne risulta è di circa 9. Il nostro obiettivo è quello di ridurre progressivamente i valori di DMFT e per ottenere questo risultato occorre attuare manovre preventive sulle donne in stato di gravidanza, in modo che capiscano la necessità di una corretta igiene orale e che a loro volta insegnino le abitudini corrette ai figli. Bisogna infatti motivare le future mamme, perché saranno proprio loro a occuparsi della salute orale dei propri bambini. Porre l’attenzione sulle donne in gravidanza ci permette di avere dei risultati a lungo termine incidendo sull’abbassamento del DMFT della futura generazione.
Per quanto riguarda le patologie odontostomatologiche, sulla totalità dei nostri 130 soggetti esaminati, 56 presentano gengivite da gravidanza (43%), 50 affermano di avere scialorrea (38.5%), 25 sono affette da parodontopatia (19,2%), 8 lamentano iposcialia (6%) ed infine una sola presenta un’epulide gravidica (0,8%).
La manifestazione più diffusa è la gengivite da gravidanza, infatti le pazienti che ne soffrono sono 56, ovvero il 43% del totale. La diagnosi differenziale rispetto ad una gengivite non da gravidanza è stata effettuata andando ad indagare sullo status parodontale precedente alla gravidanza della paziente, chiedendo alle donne se suddetta manifestazione fosse insorta esclusivamente durante il periodo gestazionale.
Per quanto riguarda l’aumento della produzione salivare possiamo osservare che ben il 36% delle pazienti manifesta episodi di scialorrea. Questo aumento di salivazione si manifesta con maggior frequenza dal secondo al quinto mese di gravidanza ed è dovuto principalmente all’effetto dell’ormone HCG (gonadotropina corionica umana) prodotto dalla placenta.
Un altro elemento da non sottovalutare è la presenza di parodontopatia. Essa si può osservare in 25 pazienti, ovvero il 19,2%. Essendo un fattore di rischio per la gravidanza, l’igienista dentale deve motivare le pazienti e consigliare loro visite odontoiatriche di controllo e trattamenti di igiene orale professionali, per tentare di limitare il diffondersi e l’aggravarsi dell’infezione e per diminuire la carica batterica presente nel cavo orale. Da ciò si deduce che bisogna continuare a motivare le pazienti per far capire loro l’importanza della salute orale, soprattutto durante la gestazione. In questo periodo infatti, oltre al ruolo eziopatogenetico della placca batterica, si aggiungono i cambiamenti ormonali che vanno ad alterare la fisiologica struttura gengivale.
CONCLUSIONI
Al termine di questo progetto emerge la necessità di effettuare molti altri screening rivolti alle donne in gravidanza, in quanto, come si evince dai risultati statistici, non vi è abbastanza informazione e conoscenza da parte delle pazienti in merito alle alterazioni del cavo orale che insorgono durante i nove mesi di gravidanza. Unitamente a ciò si è rilevato un grado di igiene orale scarso in più della metà del campione esaminato e da questo si deduce che ancora molto c’è da fare per motivare le donne nel modo corretto e far capire loro l’importanza dello stato di salute orale, soprattutto durante la gestazione.
Anche per quanto riguarda la conoscenza delle più comuni nozioni, in merito alla crescita e alla cura dei denti del bambino, le pazienti visitate mostrano gravi lacune ed è quindi di fondamentale importanza investire sull’informazione ed educazione della salute orale sviluppando una corretta interazione tra operatore-paziente e paziente-operatore. Ancora più rilevante lo diventa in gravidanza, condizione certo fisiologica, ma nella quale è in gioco troppo per non investire con strategie preventive al fine di garantire un generale stato di salute della gestante e del bambino. L’igienista dentale, quale promotore della salute orale, non può in questo ambito mancare. Proprio per questo motivo è stato sviluppato un progetto di informazione che intende attivare processi di consapevolezza e di empowerment per scelte di vita salutari a livello individuale e collettivo, attraverso strategie comunicative di tipo partecipativo differenziate e integrate, per raggiungere una molteplicità di soggetti, consegnando brochure alle gestanti e svolgendo lezioni durante il corso preparto (figg. 3 e 4). Trasmettere nuove informazioni, mediante un’attività comunicativa competente, è utile alla paziente per sviluppare ed accrescere coscienza di sé e conoscenza delle proprie opportunità di salute, garantendo obiettivi preventivi sia per la mamma sia per il nascituro. Tutto ciò non può comunque essere sufficiente se non sostenuto e sollecitato da figure sanitarie peculiari come ostetrici, ginecologi, pediatri e odontoiatri che ne devono ravvisare la necessità e l’importanza.
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