INTRODUZIONE
La salute orale è una componente essenziale della salute generale e ha un grande impatto sulla qualità della vita, influenzandone direttamente diversi aspetti (benessere fisico, vita di relazione, sfera emotiva, alimentazione e nutrizione); la promozione della salute orale, quindi, deve essere considerata parte integrante di qualsiasi programma di promozione della salute globale dell’individuo.
Il concetto stesso di promozione della salute implica un approccio di tipo preventivo; tale ottica, che sta assumendo sempre maggiore rilevanza nelle politiche sanitarie, sociali ed economiche, ha portato a focalizzare gli interventi soprattutto nell’età evolutiva. Le azioni di promozione della salute orale nei primi anni di vita consentono, infatti, l’instaurarsi di abitudini personali corrette e durature nel tempo.
La prevenzione delle malattie del cavo orale in età evolutiva è il tema centrale del presente lavoro, che nasce, in primo luogo, dalla consapevolezza che si tratta di una categoria verso la quale è fondamentale indirizzare strategie preventive efficaci, poiché i comportamenti acquisiti nei primi anni di vita tendono a ripetersi in modo costante e duraturo, durante tutta la vita. In secondo luogo, i soggetti in età evolutiva rappresentano una popolazione particolarmente a rischio per lo sviluppo delle principali malattie che interessano il cavo orale: l’incidenza di patologie di interesse odontoiatrico, in età pediatrica, nonostante gli indubbi miglioramenti ottenuti in termini di salute generale, permane elevata.
Sebbene tutti i soggetti in età pediatrica debbano essere considerati ad alto rischio per lo sviluppo di carie e gengivite placca-correlata, un gruppo particolarmente fragile, da questo punto di vista, è rappresentato dai portatori di apparecchi ortodontici fissi; parte del progetto focalizza la propria attenzione su questo gruppo di pazienti, che devono essere necessariamente inseriti in un programma di prevenzione e trattamento personalizzato, in grado di accompagnare tutte le fasi della terapia ortodontica.
La carie dentale e le malattie parodontali (in particolare la gengivite marginale) sono infatti riconosciute come probabili sequele negative del trattamento ortodontico, conseguenti a una inadeguata igiene orale. Pertanto i portatori di dispositivi ortodontici fissi costituiscono una categoria a elevato rischio, per la quale sono raccomandate misure di prevenzione specifiche.
Scopo del lavoro
Scopo del presente lavoro è indagare, in una popolazione pediatrica, le abitudini di igiene orale e le misure di prevenzione primaria adottate. Tale obiettivo è stato perseguito mediante il confronto di due gruppi di pazienti, portatori o meno di apparecchio ortodontico fisso.
MATERIALI E METODI
Disegno dello studio – Lo strumento di ricerca
Al fine di condurre lo studio osservazionale è stato predisposto un questionario conoscitivo per indagare le abitudini di igiene orale nella popolazione oggetto dello studio. Il questionario era rivolto a genitori di ragazzi di età compresa tra 6 e 14 anni ed era composto da 23 quesiti a risposta multipla, suddivisi in diverse sezioni.
- Una sezione con domande relative all’età, al titolo di studio conseguito dal genitore e al numero di figli di età compresa tra 6 e 14 anni.
- Una sezione relativa alle abitudini di igiene orale del genitore responsabile della
- Una sezione relativa alle abitudini di igiene orale del figlio, alle abitudini alimentari, alle eventuali misure preventive adottate.
- Una sezione relativa all’esperienza, da parte del figlio, di carie, gengivite, lesioni white spot.
È stato chiesto ai partecipanti di riferirsi, per le domande presenti nelle sezioni 3 e 4, al figlio eventualmente portatore di apparecchio ortodontico fisso. In caso di più figli nella fascia d’età considerata, è stato chiesto di riferirsi al maggiore.
Criteri di inclusione ed esclusione
Nello studio sono stati inclusi i soggetti di età compresa tra i 6 e i 14 anni, di entrambi i sessi. Il campione è stato quindi suddiviso in un gruppo comprendente tutti i soggetti non portatori di ortodonzia fissa e in un gruppo comprendente tutti i soggetti portatori di apparecchio ortodontico fisso.
Raccolta dei dati e analisi
Il questionario è stato distribuito nel periodo compreso tra ottobre 2019 e giugno 2020, sia in versione cartacea sia in versione digitale, grazie all’applicazione di Google Moduli. La distribuzione del formato digitale è avvenuta mediante l’utilizzo di social-network (Facebook e WhatsApp). I dati raccolti sono stati poi analizzati statisticamente, in forma aggregata, ed elaborati graficamente. Sono state discusse le possibili inferenze tratte dalle risposte dei quesiti.
Le variabili categoriche sono state rappresentate con frequenza e percentuali. Le differenze nella distribuzione delle variabili considerate sono state analizzate usando il test del c2.
È stato considerato statisticamente significativo un valore di p < 0,05.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Caratteristiche del campione: la popolazione pediatrica
Il questionario conoscitivo anonimo ha ottenuto complessivamente 1160 risposte. Poiché ciascun genitore ha risposto al questionario riferendosi a un solo figlio, i ragazzi coinvolti dall’indagine sono, complessivamente, 1160. Di essi, la quota con apparecchio ortodontico fisso costituisce il 26,5% (n=308).
Nel gruppo dei soggetti che non utilizzano un dispositivo ortodontico fisso, l’età media è di 9,9+2,4 anni, mentre nel gruppo dei portatori di ortodonzia fissa l’età media è 9,7+2,5 anni (Tab. 1).
Abitudini di igiene orale domiciliare e misure di prevenzione della carie adottate quotidianamente
Un buon livello di igiene ha un ruolo chiave nel mantenimento della salute del cavo orale, prevenendo malattia parodontale e carie. È questo il presupposto per comprendere l’importanza di indagare le abitudini di igiene orale domiciliare della popolazione in esame. Tali abitudini sono state valutate considerando la frequenza di spazzolamento e i presidi utilizzati. Prendendo in considerazione la frequenza di spazzolamento (Fig. 1) lo standard raggiunto dalla popolazione studiata può essere considerato discreto.
La frequenza quotidiana di spazzolamento è tuttavia strettamente correlata alle abitudini dei genitori; l’analisi dei dati (Fig. 2) dimostra, infatti, che i figli di coloro che non si lavano i denti quotidianamente hanno una propensione nettamente maggiore a seguire la medesima errata abitudine, rispetto ai figli di coloro che si spazzolano i denti una o due volte al giorno (p< 0,0001).
Ugualmente, i figli di coloro che si spazzolano regolarmente i denti almeno due volte al giorno, mostrano una maggiore tendenza a fare lo stesso (p<0,01).
Per quanto concerne il confronto tra i due gruppi in esame (Fig. 3) emerge un miglior standard nelle abitudini di igiene orale domiciliare, per quanto riguarda la frequenza di spazzolamento, tra i pazienti con ortodonzia fissa rispetto a quelli senza. Tale standard, tuttavia, per quanto sia migliore rispetto a quello dei ragazzi senza ortodonzia, è da considerarsi inadeguato e sicuramente insufficiente in rapporto al maggior rischio di sviluppare carie, white spot e gengivite. Considerando i presidi utilizzati quotidianamente nell’igiene orale domiciliare (Fig. 4, 5, 6) emerge, in entrambi i gruppi, uno scarso utilizzo dello spazzolino elettrico e un insufficiente ricorso ai presidi interdentali.
È evidente la necessità di un maggior impegno, da parte di igienisti dentali e odontoiatri, per introdurre i presidi adeguati a rispondere alle singole esigenze, in tempi e modi personalizzati a seconda delle specifiche caratteristiche del piccolo paziente. Emerge anche una grave carenza nel livello di motivazione e istruzione di tutti i ragazzi, particolarmente preoccupante nei portatori di ortodonzia fissa. Tale carenza è evidentemente espressione di un intervento inadeguato e incompleto da parte delle figure di riferimento (igienista dentale, ortodontista) che dovrebbero, invece, supportare e accompagnare il paziente durante tutto il corso della terapia.
Considerando ancora le abitudini di igiene orale domiciliare della popolazione pediatrica, un aspetto importante da valutare è l’utilizzo dei dentifrici fluorati. La fluoroprofilassi topica rappresenta, infatti, la pietra miliare della prevenzione della carie ed è necessaria per tutti gli individui.
A tale riguardo, l’analisi dei dati dimostra, anche in questo caso, un livello di conoscenza e un grado di attenzione insufficienti (Fig. 7): ne consegue una scarsa diffusione, nella popolazione in esame, delle abitudini raccomandate dalle Linee Guida ministeriali, seguite da meno della metà dei soggetti studiati.
La considerevole quota di partecipanti (43,4%) che dichiara di utilizzare indifferentemente dentifricio fluorato e non fluorato, o di non ricordarsene, dimostra una scarsa conoscenza dei vantaggi legati alla fluoroprofilassi topica: tale livello di disinformazione può essere riconducibile sia a una scarsa sensibilità nei confronti delle metodiche di prevenzione della carie sia, soprattutto, a una insufficiente divulgazione e promozione di tali metodiche da parte dei professionisti sanitari coinvolti, igienisti dentali, odontoiatri, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale.
Dal confronto tra i due gruppi in esame (Fig. 8), emerge un maggior utilizzo di dentifrici fluorati nei pazienti ortodontici rispetto a quelli senza apparecchio ortodontico fisso (p<0,01); in questi ultimi è, invece, maggiore la proporzione di coloro che utilizzano dentifrici senza fluoro (p<0,05), così come di coloro che non ricordano il contenuto di fluoro o utilizzano indifferentemente entrambi i tipi di dentifrici (p<0,05). Tali differenze sono verosimilmente riconducibili a un più frequente ricorso alle cure e ai controlli odontoiatrici da parte dei pazienti ortodontici; essi, di conseguenza, ricevono probabilmente maggiori informazioni dai professionisti sanitari coinvolti nella promozione della salute orale. Nei soggetti ortodontici, tuttavia, l’utilizzo di fluoro non può essere considerato soddisfacente, vista l’evidenza della sua capacità di ridurre l’incidenza di carie; infatti, tutti i soggetti a medio e alto rischio, ivi compresi quelli ortodontici, richiedono misure preventive aggiuntive, così come raccomandato dalle Linee guida ministeriali (Forza della raccomandazione A; Grado dell’evidenza I).
In particolare risulta preoccupante, dal punto di vista della prevenzione della carie e della promozione della salute orale, l’elevata percentuale di coloro che non hanno, evidentemente, consapevolezza in merito all’importanza dell’utilizzo di dentifrici fluorati, sia nei pazienti senza ortodonzia sia, e a maggior ragione, nei portatori di apparecchio ortodontico fisso. Probabilmente tale informazione non è veicolata nel modo corretto o con sufficiente risalto durante le fasi di motivazione e istruzione dei pazienti; oppure non è speso sufficiente impegno in tali fasi, che devono invece rappresentare momenti cruciali di ogni incontro con il paziente e i suoi genitori.
Per quanto riguarda le abitudini di igiene orale domiciliare e le misure di prevenzione della carie adottate quotidianamente dalla popolazione in esame, un ultimo fondamentale aspetto indagato è quello relativo alla dieta; le abitudini alimentari, infatti, rappresentano uno dei fattori principali per la determinazione del rischio individuale di sviluppare lesioni cariose, insieme alle abitudini di igiene orale, alla fluoroprofilassi, all’esperienza di carie e allo stato socioeconomico della famiglia. La dieta, infatti, svolge un ruolo eziologico di primo piano nella patogenesi della carie, esercitando un effetto diretto sulla composizione della saliva e della placca, sulla salute orale e sull’integrità dei tessuti duri.
Considerando che gli zuccheri introdotti con la dieta, soprattutto il saccarosio, rappresentano uno dei più importanti fattori eziologici della carie dentale, le Linee guida ministeriali raccomandano di evitarne l’assunzione fuori dai pasti principali; il rischio di carie, in particolare, risulta aumentato in presenza di un’assunzione superiore alle quattro volte al giorno di zuccheri estrinseci (addizionati ad alimenti come dolciumi, bibite, biscotti, torte, succhi di frutta, miele).
Complessivamente, le abitudini alimentari della popolazione indagata possono essere considerate adeguate (Fig. 9, 10). Non ci sono differenze significative tra il gruppo ortodontico e quello senza ortodonzia.
Accesso alle cure odontoiatriche e misure professionali per la prevenzione di carie e gengivite
I punti cardine della prevenzione primaria di carie e gengivite, oltre alla motivazione e istruzione all’igiene orale domiciliare e all’igiene alimentare, sono rappresentati da controlli odontoiatrici periodici, regolari sedute di igiene orale professionale, sigillatura di solchi e fossette, test salivari; è stata quindi indagata l’adozione di tali misure nei due gruppi studiati.
Le Linee guida ministeriali raccomandano, per la popolazione in età evolutiva, visite odontoiatriche di controllo annuali; con la stessa periodicità sono raccomandate sedute di igiene professionale, durante le quali è possibile eseguire un accurato controllo dei tessuti duri e molli, rilevare l’indice di placca, controllare le tecniche di igiene domiciliare, valutare l’integrità delle sigillature, applicare fluoruri topici. Nei pazienti il cui rischio individuale di sviluppare lesioni cariose è intermedio o alto, come per esempio nei pazienti ortodontici, le visite di controllo e le sedute di igiene professionale devono essere programmate ogni 3 o 6 mesi. Muovendo da queste premesse, è stata in primo luogo indagata la frequenza con cui i soggetti dello studio eseguono controlli odontoiatrici.
Analizzando in primo luogo il gruppo non ortodontico (Fig. 11, 12), risulta evidente una incongruenza tra la periodicità con cui sono eseguite sedute di igiene orale professionale e la frequenza dei controlli odontoiatrici, eseguiti regolarmente dal 73,7% dei soggetti. Evidentemente, ancora oggi, nonostante le evidenze scientifiche che ne dimostrano il ruolo prioritario dal punto di vista della prevenzione e del mantenimento a lungo termine dello stato di salute orale, troppo poca importanza è attribuita all’igiene professionale e alla figura dell’igienista dentale; questo, non solo da parte della popolazione generale, che deve essere educata in tal senso, ma anche da parte dei medici odontoiatri; infatti, anche considerando solo coloro che eseguono frequentemente controlli odontoiatrici (ogni sei mesi o almeno tre volte l’anno), la percentuale di coloro che non ha mai eseguito una seduta di igiene orale professionale o ne ha eseguita solo una è elevata, pari al 26,1%.
Tale percentuale è comunque sensibilmente inferiore rispetto a coloro che eseguono controlli odontoiatrici una volta l’anno (p<0,01) o a coloro che non si sottopongono regolarmente a visite odontoiatriche (p<0,0001) (Fig. 13).
Inoltre, nel gruppo che esegue controlli odontoiatrici almeno ogni 6 mesi, la percentuale di coloro che eseguono almeno una seduta di igiene orale professionale ogni anno, è più elevata rispetto a coloro che si sottopongono a visite di controllo annuali (p<0,01); verosimilmente, si tratta di pazienti inseriti in un programma personalizzato di prevenzione e di mantenimento della salute orale.
Analizzando i dati relativi ai portatori di ortodonzia fissa (Fig. 14, 15), emerge un quadro preoccupante, considerata l’importanza cruciale che riveste, per tali soggetti, il mantenimento di un adeguato livello di igiene orale.
I protocolli raccomandati prevedono una seduta di igiene orale professionale all’inizio del trattamento e sedute periodiche, a intervalli almeno semestrali.
Di certo, protocolli personalizzati di igiene orale professionale dovrebbero essere integrati in qualsiasi piano di trattamento ortodontico e la figura dell’igienista dentale dovrebbe, in tale ottica, svolgere un ruolo di primo piano. Si tratta, infatti, della figura di riferimento per quanto concerne la prevenzione primaria delle affezioni orodentali. Per indagare il grado di coinvolgimento della figura dell’igienista dentale nella gestione clinica dei pazienti, è stato chiesto ai genitori partecipanti allo studio, di indicare chi, solitamente, si occupa delle sedute di igiene orale professionale del figlio (Fig. 16, 17).
A questo riguardo, l’analisi dei dati evidenzia un maggior coinvolgimento della figura dell’igienista dentale nella gestione di quei pazienti che, frequentemente e regolarmente, eseguono sedute di igiene orale professionale; tale differenza è statisticamente significativa (p<0,0001). Evidentemente, nella gestione dei pazienti che eseguono sedute frequentemente, con cadenza almeno semestrale, la maggior importanza attribuita al controllo dell’igiene orale è dimostrata anche dal maggior coinvolgimento dell’igienista dentale, come parte integrante del team odontoiatrico; d’altro canto, verosimilmente, è proprio il diretto coinvolgimento dell’igienista dentale che permette di organizzare, all’interno dello studio, efficaci programmi di prevenzione e protocolli di follow-up personalizzati, i cui obiettivi sono, per ciascun paziente, la prevenzione delle patologie orali, il mantenimento e la promozione della salute orale.
Oltre a sottolineare l’importanza dei controlli periodici, le Linee guida ministeriali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle malattie orali in età evolutiva sottolineano con forza la necessità di determinare, per ciascun paziente, il livello di rischio individuale di sviluppare lesioni cariose; è infatti questa la chiave perché gli interventi di prevenzione e le strategie terapeutiche siano realmente efficaci. In questo contesto, i test salivari svolgono un ruolo di primaria importanza; si tratta di test rapidi, eseguibili in ambulatorio, che permettono di valutare tre importanti caratteristiche salivari coinvolte nell’eziopatogenesi della malattia: il flusso salivare, il potere tampone, la concentrazione di Streptococchi mutans e Lattobacilli, maggiori responsabili del processo carioso e testimoni di un’errata dieta iperglucidica.
L’indagine relativa al ricorso dei test salivari nella popolazione in esame (Fig. 18), ha evidenziato uno scarso utilizzo di tale metodica, senza differenze significative tra i due gruppi. Una possibile spiegazione risiede nel fatto che, sicuramente, i dati ricavati dai test salivari non sono sufficienti a definire lo specifico livello di rischio del paziente, la cui valutazione è complessa e comprende fattori fisici, biologici, ambientali e comportamentali. I risultati dei test devono, in altre parole, essere correlati con tutti gli altri fattori coinvolti: l’esperienza di carie, le abitudini alimentari e di igiene orale, la fluoroprofilassi, lo stato di salute generale di ciascun individuo, lo stato socioeconomico della famiglia. È anche importante considerare che i test salivari sono utili non solo per definire la cariorecettività del paziente, ma anche per completare la diagnosi di patologia cariosa, motivare i pazienti e, se necessario, sensibilizzare i genitori. In definitiva, è auspicabile un maggior impiego di tali test nella pratica clinica odontoiatrica e pedodontica, in modo da garantire ai pazienti un approccio olistico, che privilegi la prevenzione e la promozione della condizione di salute.
Per quanto riguarda la prevenzione della carie, una metodica fortemente raccomandata, applicabile a tutti gli individui in età evolutiva, è la sigillatura dei solchi dei molari permanenti, che consiste nella chiusura meccanica del sistema dei solchi dentari, ottenuta attraverso l’uso di materiali principalmente a base resinosa o cementi vetroionomerici. Tale metodica è raccomandata con forza dalle Linee guida ministeriali, dove è descritta come procedura clinica semplice, sicura ed efficace dal punto di vista costi/benefici.
L’efficacia di tale metodica nella riduzione della carie è riportata anche in una recente revisione sistematica di studi randomizzati controllati, eseguita dall’American Dental Association e dall’American Academy of Pediatric Dentistry: i bambini e gli adolescenti sottoposti a sigillature delle superfici occlusali dei primi molari permanenti hanno registrato una riduzione del 76% del rischio di sviluppare nuove lesioni cariose dopo 2 anni di follow-up, rispetto a un controllo senza sigillature. Essendo una procedura raccomandata a tutti i soggetti in età evolutiva, e considerando che essa è solitamente eseguita precocemente, quando erompono i primi molari permanenti, la diffusione di questa pratica è stata innanzitutto indagata nell’intera popolazione in esame, senza distinzione tra i due gruppi, con e senza ortodonzia (Fig. 19).
I dati evidenziano la necessità di una maggior diffusione di questa metodica di prevenzione primaria. In considerazione dell’eziologia multifattoriale della carie, la sigillatura dei solchi deve tuttavia essere inserita in un programma globale di strategie di prevenzione che comprenda l’educazione all’igiene orale e alimentare, regolari visite di controllo e periodiche sedute di igiene orale professionale. Considerando le due popolazioni in esame, la sigillatura dei molari permanenti è risultata essere una metodica maggiormente diffusa nel gruppo di pazienti con apparecchio ortodontico (59,4%; n=183) rispetto a quello senza ortodonzia (35,8%; n=305), con una differenza statisticamente significativa (p<0,0001). Tale dato è tuttavia di difficile interpretazione, trattandosi di due misure (la sigillatura dei molari e la terapia ortodontica) adottate a età differenti e per differenti ragioni; una possibile spiegazione del fenomeno è individuabile in un atteggiamento più attento e rigoroso rispetto alla salute orale dei propri figli mostrato dai genitori che, in epoca successiva, decideranno di sottoporre i figli a terapia ortodontica.
Esperienza delle principali patologie del cavo orale (gengivite, carie, lesioni white spot)
Per quanto concerne le esperienze di patologie del cavo orale vissute dalla popolazione in esame, il primo quadro analizzato è quello della gengivite.
Partendo dal presupposto che la presenza di sanguinamento gengivale rappresenta il parametro primo e più importante nella definizione di gengivite, indipendentemente dall’origine di questa condizione (che può essere associata unicamente al biofilm o mediata da fattori di rischio locali o sistemici), è stato chiesto ai genitori, responsabili della compilazione del questionario, se avessero notato sanguinamento gengivale durante le manovre di igiene orale domiciliare (Tab. 2).
Una prima importante considerazione è che si tratta di risultati strettamente dipendenti dall’attenzione posta dai genitori durante le manovre di igiene orale domiciliare dei figli; il fenomeno è quindi, verosimilmente, sottostimato. Una quota pari al 26,7% dei bambini esaminati presenta sanguinamento gengivale; tale dato è coerente con i dati epidemiologici riportati dal Ministero della Salute, secondo cui tale segno è presente in una quota pari al 23,8% di un campione rappresentativo dei bambini di 12 anni italiani. Confrontando i due gruppi, si osserva una maggior prevalenza di gengivite nei soggetti ortodontici, nei quali il sanguinamento gengivale è riportato nel 30,2% dei casi rispetto al gruppo senza apparecchio ortodontico (25,5%). La differenza tra i due gruppi non è tuttavia statisticamente significativa (p=0,108), pur testimoniando, verosimilmente, un maggior rischio per i pazienti ortodontici, legato alle maggiori difficoltà al mantenimento di un adeguato standard di igiene orale domiciliare; è infatti importante ricordare che la colonizzazione delle superfici dentali da parte dei batteri del biofilm è riconosciuta come il fattore eziologico chiave per lo sviluppo della gengivite.
Essendo una condizione strettamente legata alle abitudini di igiene orale e, in particolare, alla capacità di ridurre i livelli di placca gengivali marginali con adeguate manovre di igiene orale domiciliare, l’esperienza di sanguinamento gengivale è stata valutata in rapporto alla frequenza di spazzolamento quotidiano (Fig. 20) e all’utilizzo, o meno, dello spazzolino elettrico (Fig. 21). In generale, l’analisi dei dati dimostra che la gengivite è una condizione molto diffusa nella popolazione pediatrica, sebbene sia, probabilmente, poco conosciuta, e per questo sottovalutata.
La minor prevalenza di sanguinamento gengivale osservata nei gruppi con abitudini corrette di igiene orale domiciliare (spazzolamento almeno due volte al giorno e utilizzo dello spazzolino elettrico) avvalora l’importanza di tali abitudini nella prevenzione della gengivite. Tuttavia, l’efficace rimozione della placca dalle superfici dei denti non dipende solo dalla frequenza di spazzolamento o dall’utilizzo di un presidio corretto, ma è direttamente correlata a diversi altri fattori, tra i quali la motivazione del paziente (e dei genitori), le conoscenze a sua disposizione, le sue capacità manuali. Questa considerazione rende conto della ridotta forza dell’associazione dimostrata, nel presente studio, tra gengivite e abitudini di igiene orale domiciliare.
Tra i fattori che influenzano maggiormente l’efficacia delle manovre di igiene domiciliare, un ruolo chiave è sicuramente svolto dal grado di motivazione e istruzione del paziente e dei genitori; questo aspetto deve essere tenuto in forte considerazione nel momento in cui si intenda organizzare interventi di educazione sanitaria finalizzati alla prevenzione della gengivite, interventi che assumono un significato cruciale nella prevenzione della malattia parodontale. La seconda condizione indagata è la presenza di lesioni white spot. A tale scopo, è stato chiesto ai genitori di indicare se avessero notato la presenza di “macchie bianche” sulla superficie dei denti del proprio figlio (Tab. 3).
Il riconoscimento, da parte dei genitori, di tali lesioni sui denti del proprio figlio non fornisce evidentemente alcuna indicazione sull’origine della lesione stessa, la cui diagnosi differenziale è di competenza odontoiatrica e si basa sulla raccolta anamnestica e su diverse caratteristiche cliniche.
I dati raccolti sono indicativi di una elevata prevalenza, nella popolazione pediatrica, di difetti della mineralizzazione dello smalto, difetti che coinvolgono il 18,5% della popolazione indagata, sono associate, in misura diversa a seconda dell’origine e dell’epoca di insorgenza, a numerosi rischi (da quelli più lievi, di carattere quasi esclusivamente estetico, fino alle complicanze più gravi, che includono lesioni cariose destruenti, fratture dello smalto, perdita degli elementi coinvolti).
I risultati emersi, quindi, non possono essere ignorati, soprattutto considerando che si tratta di condizioni che possono essere gestite e trattate in modo minimamente invasivo, mediante l’applicazione di specifici protocolli da parte dell’igienista dentale e del medico odontoiatra di riferimento. Nel gruppo con ortodonzia, è stato chiesto di indicare se la presenza di macchie bianche fosse stata notata prima di iniziare il trattamento ortodontico o durante la terapia (Fig. 22).
La percentuale di coloro che hanno osservato la comparsa di white spot durante il trattamento ortodontico è relativamente elevata; tale risultato è suggestivo, verosimilmente, di un’origine cariosa di tali lesioni. In letteratura, la comparsa di white spot al termine del trattamento ortodontico è riportata in una percentuale tra il 40 e il 70% dei pazienti ed è attribuita prevalentemente a una insufficiente igiene orale domiciliare. Secondo alcuni studi, più del 30% degli incisivi superiori, denti con la massima valenza estetica, presentano decalcificazioni dopo il trattamento ortodontico.
Dopo aver cercato di valutare quanto fosse diffusa, nella popolazione in esame, la presenza di difetti e demineralizzazioni dello smalto, è stata indagata l’esperienza di carie; in questo caso, è stato chiesto ai genitori se al proprio figlio fosse mai stata diagnosticata, in passato, una lesione cariosa (Tab. 4).
Tali risultati indicano un quadro epidemiologico peggiore rispetto a quello emerso nel corso del rilevamento nazionale promosso nel 2016 dal Centro di Collaborazione per l’Epidemiologa e l’odontoiatria di Comunità dell’OMS, nel quale la prevalenza di carie nei bambini di 12 anni era pari al 23,8%. Allo stesso modo, i dati emersi dallo studio condotto nell’anno 2013-2014 dalla Provincia autonoma di Trento, che coinvolgeva gli scolari delle seconde classi elementari, mostrava un quadro migliore, con una proporzione di esenti da carie pari al 65,8%.
Nel gruppo con apparecchio ortodontico fisso la prevalenza di carie è risultata maggiore rispetto al gruppo senza ortodonzia; la differenza tra i due gruppi, tuttavia, non è statisticamente significativa (p=0,1). Questa mancata significatività può essere spiegata considerando che la lesione cariosa è uno tra gli effetti collaterali più frequentemente associati alla terapia ortodontica; tuttavia queste lesioni, che appaiono con maggior frequenza sulla superficie dentale attorno all’attacco ortodontico, sono di solito poco rilevanti, di bassa gravità: la prevalenza di questo effetto secondario è circa del 70% per lesioni white spot, e meno del 5% per lesioni cavitarie.
Indipendentemente dal confronto tra i due gruppi in esame, una proporzione così elevata di soggetti con esperienza di carie è indubbiamente un dato allarmante, che rispecchia una situazione epidemiologica ben lontana dalle aspettative dell’OMS che, in ambito europeo, si era prefissa di ottenere entro il 2020 una quota di caries-free pari all’80% sia nei bambini di 4 anni (con raggiungimento di un indice dmft pari a 0,4) sia in quelli di 12 anni (dmft pari a 0,5).
CONCLUSIONI
Pur con i limiti della presente indagine, condotta attraverso la somministrazione di questionari ai genitori, è stato possibile evidenziare uno scarso livello di conoscenza e attenzione rispetto alle principali malattie del cavo orale che interessano l’età evolutiva; complessivamente, infatti, lo standard di igiene orale domiciliare è risultato inadeguato, sia per quanto riguarda la frequenza di spazzolamento, sia la tipologia di presidi, meccanici e chimici, utilizzati quotidianamente. Anche considerando i punti cardine della prevenzione primaria di carie e gengivite emerge, complessivamente, un livello insufficiente.
Per quanto riguarda i pazienti portatori di apparecchio ortodontico fisso, una categoria a elevato rischio per la quale sono raccomandate misure preventive aggiuntive, emerge un quadro sovrapponibile a quello sopra descritto per la popolazione generale. Le differenze dimostrate tra i due gruppi (per esempio, un migliore standard di igiene orale domiciliare nei pazienti ortodontici e un loro maggior ricorso a sedute di igiene orale professionale) sembrano riconducibili all’inserimento di tali pazienti in programmi terapeutici a lungo termine, con visite di controllo ravvicinate, piuttosto che a una reale maggior attenzione, da parte dei professionisti coinvolti, alle specifiche necessità legate al più elevato profilo di rischio.
Complessivamente, emerge dunque un quadro preoccupante dal punto di vista della prevenzione delle patologie orali; l’elevata prevalenza di sanguinamento gengivale e di lesioni cariose ne rappresentano una diretta conseguenza. Alla base di tale quadro vi è uno scarso livello di conoscenza, in primo luogo da parte dei genitori, evidentemente poco coinvolti, istruiti e sensibilizzati rispetto alle possibilità di prevenire le principali malattie del cavo orale. Altro fattore determinante è lo scarso coinvolgimento della figura dell’igienista dentale nella gestione dei pazienti, espressione di una non ottimale collaborazione tra i professionisti sanitari coinvolti.
Il presente lavoro ha messo in luce, in definitiva, diverse criticità nella gestione delle problematiche del cavo orale in età evolutiva, che dimostrano la necessità di programmare interventi di educazione sanitaria finalizzati alla promozione della salute orale e alla prevenzione delle malattie del cavo orale nel bambino e nell’adolescente. Un possibile futuro sviluppo di tale ricerca può essere pertanto rappresentato dall’organizzazione di interventi di prevenzione mirati sul territorio o nei diversi distretti scolastici, che coinvolgano direttamente i piccoli pazienti. Le corrette abitudini di igiene orale vanno, infatti, acquisite durante la prima infanzia, per poi essere rafforzate durante l’adolescenza.
Per poter essere efficaci, tuttavia, tali interventi non possono prescindere dal coinvolgimento dei genitori, le cui conoscenze e abitudini influenzano profondamente e direttamente le abitudini dei figli. In quest’ottica, la figura dell’igienista dentale deve necessariamente svolgere un ruolo centrale, in un sistema di cooperazione e integrazione in grado di coinvolgere tutte le figure (pediatri, neonatologi, odontoiatri, insegnanti, igienisti dentali, genitori, caregiver) implicate nella promozione della salute, ivi compresa quella orale.
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