INTRODUZIONE
Attualmente vivono in Italia circa 49.000 persone con sindrome di Down, l’incidenza è di un bambino ogni 800-1.000 nuovi nati.
Sulla base dei dati epidemiologici si può affermare che la sindrome di Down rimane la causa più comune di disabilità intellettiva.
La sopravvivenza di questi pazienti a cinque anni era del 40% negli anni ’40, mentre è salita a oltre l’80% negli anni ’90.
All’inizio del Novecento l’aspettativa di vita dei soggetti con sindrome di Down si aggirava intorno ai nove anni, oggi l’età media è notevolmente aumentata analogamente a quanto si è osservato nella popolazione generale.
Sono stati individuati diversi fattori sociali e ambientali che si correlano con la durata e la qualità della vita, in particolare con la compromissione cognitiva.
Essi comprendono lo stato sociale, la disponibilità di servizi sul territorio, l’interazione con l’ambiente e lo stimolo intellettivo.
Il primo riferimento alla sindrome di Down risale al 1866, quando l’inglese John Langdon Down, medico presso l’Earlswood Asylum nel Surrey, in Inghilterra, pubblicò uno studio nel quale descrisse un gruppo di bambini con caratteristiche fenotipiche comuni che permettevano di distinguerli da altri bambini con ritardo mentale (1).
Egli riscontrò in tali soggetti segni clinici caratteristici: pieghe epicantiche delle palpebre, tratti del viso schiacciati, solchi palmari insoliti, ipotonia muscolare e bassa statura.
Il termine trisomia 21 fu introdotto un secolo più tardi da Jerome Lejeune, che ipotizzò che la patogenesi della sindrome di Down fosse legata alla presenza di tre cromosomi, anziché due, nella coppia 21; quindi la mappa cromosomica evidenzia 47 cromosomi in ogni cellula anziché 46.
Questo sarebbe causato dalla non disgiunzione del cromosoma 21 durante la meiosi (2). La trisomia 21, essendo collegata alla sindrome di Down, si presenta con caratteristiche fisiche e psichiche simili in tutti i soggetti affetti (3).
I sintomi clinici associati sono: tono muscolare diminuito alla nascita, suture craniche non saldate, asimmetria cranica, occipite piatto, microcefalia, bocca piccola, lingua protrusa, solco palmare unico, occhi a mandorla e rima palpebrale rivolta verso l’alto, mani tozze e piccole, ritardo di sviluppo e di crescita, ritardo mentale e delle abilità sociali.
Per quanto riguarda la struttura craniofacciale le caratteristiche tipiche sono: brachicefalia, ipotonia dei muscoli masticatori, lingua con profonde incisure, palato profondo e stretto, profilo facciale piatto per l’assenza di seni frontali, iposviluppo delle ossa nasali e di tutta la parte mediana causando un effetto di falso prognatismo mandibolare.
Il sigillo labiale viene mantenuto con grande difficoltà a causa dell’ipotonia dei vari muscoli craniofacciali che rendono guance, labbra e lingua rilassati. La bocca aperta e la lingua rilassata sono dovuti anche alla forma stretta e arcuata della volta palatina, a sua volta accentuata dall’anomala forma del setto nasale (4).
Per quanto riguarda le malattie del cavo orale, nella sindrome di Down l’incidenza delle malattie parodontali è elevata, circa del 90%, con una percentuale maggiore di soggetti con gengivite e una percentuale leggermente inferiore di soggetti con parodontite (5, 6).
La gengivite si instaura già all’età della dentizione decidua (8% dai 12 anni) e ha una rapida progressione a causa di indici gengivali e parodontali molto alti soprattutto per grandi accumuli di placca sopra e sottogengivale.
Le cause principali sono: mancanza di igiene orale domiciliare e professionale e disturbi immunologici.
La sindrome di Down è associata a una ridotta incidenza di lesioni cariose rispetto alla popolazione generale (84% in meno); ciò può essere messo in relazione al ritardo di eruzione che riduce il tempo di esposizione degli elementi dentari agli agenti cariogeni.
Va comunque sottolineato che, seppur inferiore, l’incidenza della carie nel soggetto con sindrome di Down non va mai trascurata, in relazione alle problematiche comportamentali che possono decisamente complicarne la cura (7, 8).
Obiettivo di questo lavoro è porre in luce il percorso da seguire in ambito odontoiatrico con un paziente con sindrome di Down, al fine di prevenire l’insorgenza della malattia parodontale, stimolare una corretta crescita muscoloscheletrica ed evitare il ricorso all’anestesia generale per effettuare semplici interventi di cure odontoiatriche.
MATERIALI E METODI
I dati raccolti si riferiscono a un campione di soggetti con sindrome di Down che periodicamente afferiscono presso l’ambulatorio di Odontoiatria di Comunità dell’Ospedale di Piove di Sacco (ULSS6 Euganea, Regione Veneto).
La ricerca è stata autorizzata dal comitato etico locale (3704/U16/15 Studio retrospettivo DOWNTEETH sulla frequenza delle manifestazioni del distretto orale in pazienti con sindrome di Down).
Le informazioni sono state ricavate dalla lettura delle cartelle cliniche di tutti i pazienti con sindrome di Down.
A causa di tutte le patologie legate alla sindrome, il paziente già nei primi mesi di vita deve essere seguito da più specialisti, in collaborazione con il pediatra.
Per quanto riguarda l’ambito odontoiatrico, i bambini vengono visti da un team odontoiatrico entro i 6 mesi dalla nascita.
Durante la prima visita è importante che siano presenti l’odontoiatra e l’igienista dentale per far conoscere ai genitori entrambe le figure che poi seguiranno il figlio.
Gli aspetti da far notare ai genitori sono: la tendenza alla protrusione della mandibola, ipotonia dei muscoli masticatori e della lingua, protrusione della lingua, palato stretto e profondo, mancanza di sigillo labiale, respirazione orale.
La correzione o il miglioramento di tutti questi aspetti orofacciali può essere ottenuto anche con l’ausilio di esercizi miofunzionali che possono migliorare la postura, l’estetica e la funzione.
I consigli di igiene orale vengono dati non appena erompe il primo dente deciduo per evitare lo sviluppo delle frequenti early childhood caries (sindrome delle carie da biberon): processo di distruzione del dente a sviluppo rapido dovuto all’interazione tra batteri, alta frequenza di assunzione di zuccheri e scarsa igiene orale.
Contemporaneamente il team odontoiatrico ha il compito di istruire i genitori e il paziente a corrette abitudini di igiene orale domiciliare e alimentari.
Il fine è la prevenzione della malattia parodontale e della carie.
RISULTATI
Il totale dei pazienti con sindrome di Down afferenti all’unità Operativa è di 370: 197, ovvero il 53% (95%CI=48,2%-58,3%), sono pazienti pediatrici di età compresa tra 1 mese e i 16 anni; i restanti 173, ovvero il 47% (95%CI=41,7%-51,8%), sono adulti di età tra i 16 e i 50 anni (estremi dell’intervallo di confidenza alfa=0,05).
La lettura delle cartelle cliniche ha come scopo principale quello di ottenere il numero di pazienti che hanno subito almeno un intervento in anestesia generale per effettuare cure odontoiatriche.
All’interno dell’unità Operativa di Odontoiatria di Comunità dell’ospedale di Piove di Sacco vengono eseguiti degli interventi in anestesia generale in pazienti non collaboranti. Non fanno parte della ricerca, però, tutti quei pazienti che non afferiscono più presso l’ambulatorio da almeno 5 anni.
La ricerca ha portato ad un risultato di 49 pazienti (27 maschi e 22 femmine) sottoposti a intervento in anestesia generale. Di questi 49 pazienti 22, pari al 45% (95% CI=15-29) sono di età pediatrica e 27, pari al 55% (95%CI=20-34) di età adulta.
I valori degli estremi degli intervalli indicano che i risultati non dimostrano differenze significative tra le percentuali di pazienti pediatrici e adulti.
Le cure effettuate con maggior frequenza sono: cure conservative su denti decidui e permanenti, estrazioni, sedute di igiene orale.
Le cure conservative sono state eseguite per mancanza totale di collaborazione ed a seguito di urgenze. Le cure estrattive sono state eseguite per mancanza totale di collaborazione o per accelerare la permuta di più elementi.
Tutte le cure sono state effettuate esclusivamente per impossibilità di intervenire a livello ambulatoriale.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Il compito principale dell’igienista consiste nel mantenimento della salute e nella prevenzione delle malattie del cavo orale.
Il suo ruolo è quelle di promuovere la salute del cavo orale dei singoli individui o gruppi di individui (prevenzione primaria), ripristinarla (prevenzione secondaria) e mantenerla attraverso la terapia (prevenzione terziaria).
L’igienista ha vari ruoli:
- clinico dell’igiene orale, in quanto valuta le condizioni di salute o malattia del cavo orale, ne pianifica il trattamento preventivo, terapeutico ed educativo.
- educatore e promotore della salute orale, ovvero ha il compito di accompagnare il paziente o chi per esso in un programma di tutela, mantenimento o ripristino della salute orale; questo grazie a programmi mirati di educazione alla salute orale (scuole, ospedali, istituti) e grazie alle istruzioni di igiene orale personalizzate per ogni singolo paziente;
- tutto questo con grande abilità di comunicazione finalizzata a motivare il paziente.
Tale obiettivo si raggiunge quando il soggetto cambia le sue abitudini e comportamenti in modo definitivo, consolidando buone abitudini di igiene orale e alimentare nel tempo.
Per milioni di persone al mondo con disabilità psichiche, fisiche o di entrambe le nature, la cura del cavo orale non è una priorità, ma riveste un’importanza secondaria rispetto ad altri problemi specifici della disabilità.
L’odontoiatra e l’igienista dentale svolgono un ruolo molto importante per quanto riguarda gli aspetti dell’informazione e dell’istruzione dei pazienti. Nel caso dei soggetti con disabilità, tra cui appunto i pazienti con sindrome di Down è, molto importante dall’età neonatale a quella adulta seguire periodicamente e informare i pazienti e i loro familiari o caregiver nella loro quotidianità.
Il paziente con sindrome di Down, come altri soggetti con disabilità psichiche, deve essere seguito, motivato e convinto ogni volta a fare qualcosa di più rispetto a quella precedente. Egli, infatti, comprende quello che gli viene detto e spiegato dall’operatore.
In ogni caso l’igienista dentale deve adattarsi alle esigenze del paziente pur di tentare un approccio che potrà poi, nel tempo, portare a un miglioramento della collaborazione.
Il momento migliore per aiutarlo è in età pediatrica, dove in questa fase di vita il bambino deve essere più che mai stimolato e inserito nella comunità (strutture scolastiche, attività ludiche e sport).
In tal modo, tenendo mente e corpo in attività si possono sviluppare capacità che saranno utili all’accrescimento dell’autostima e al rapporto con le altre persone.
Nell’adolescenza il ragazzo Down, se seguito correttamente da famiglia e strutture, potrà acquisire una parziale indipendenza in alcuni aspetti e attività della vita quotidiana; questo sempre se il deficit cognitivo non sia fortemente legato alle alterazioni cromosomiche immodificabili caratteristiche della sindrome.
È solo grazie all’unione dei genitori con le altre figure che seguono il figlio, che il soggetto con sindrome di Down può avere un buon livello di qualità della vita.
Questo tipo di approccio, che l’Unità Operativa di Odontoiatria di Comunità dell’Ospedale di Piove di Sacco sta seguendo da anni, ha portato nel tempo a un numero molto basso di interventi in anestesia generale di pazienti con Sindrome di Down.
Sono i dati sopracitati a dimostrarlo: solo 49 pazienti su 370 hanno necessitato di cure odontoiatriche in anestesia generale.
A permettere ciò sono l’ambientamento, la motivazione degli operatori e delle famiglie nei confronti dei pazienti con sindrome di Down, che pian piano riescono ad acquisire fiducia dell’ambiente ambulatoriale.
È necessario ricordare però che esistono dei casi in cui la disabilità psichica è così grave da non permettere alcuna interazione.
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