L’igienista dentale quale “docente”

L’igienista dentale quale “docente”

Trattiamo in questo fascicolo un problema che mi accomuna a ogni igienista dentale: alla base di tutto c’è la mia “filosofia” professionale, nella quale mi sono radicato sempre più in questi ultimi anni. Non so se sia un segno di “antichità”, ma son sempre più convinto che il “mestiere” di dentista imponga il dovere assoluto di diventare disinvolti nella comunicazione, mentre per l’igienista dentale non ci sono “distinguo”: il suo lavoro è fondamentalmente comunicazione, cioè motivazione che emoziona… e viceversa.

Non dimentichiamo, infatti, che l’etimologia di motivazione e di emozione è la stessa, e deriva dal latino “movére”, che noi possiamo puntualizzare nel termine “promuovere”. Per rimanere in voci derivate dal latino, possiamo correggere il termine di igienista con quello di “docente”, da “doceo”, che significa “insegno”. Proprio così: sondaggio delle tasche, detartrasi, polishing eccetera sono addendi molto utili, ma neanche paragonabili a creare motivazione, vero scopo dell’igienista dentale: se il paziente non è motivato a praticare l’auto-assistenza, ciò significa che l’igienista dentale ha fatto solo la “donna delle pulizie” e poco più.

Come tradurre tutto questo in qualche riga? Un’ampia verità è racchiusa nel mio testo, per dentisti e igienisti dentali, “Comunicare è curare”, in cui continuamente dico, e sottolineo, che fin dall’inizio della mia carriera questi sono stati i principi cui mi sono sempre ispirato. Naturalmente far propria questa competenza nell’insegnamento è compito arduo e mai del tutto terminato. Molti argomenti li ho trattati in precedenti fascicoli (2 e 3) di Rivista Italiana Igiene Dentale: occorre qui approfondire alcuni particolari, strettamente connessi con tale “docenza”.

Completo questi concetti con una dichiarazione finale, forse brutale ma molto sincera e che va pubblicamente enunciata: qualsiasi testo per igienisti che non abbia un ampio e dettagliato capitolo dedicato alla comunicazione è un testo incompleto.

Ergonomia e comunicazione

E ora entriamo nel merito “ergonomico”, costituito, come ergonomia insegna, dalle tre fasi inscindibili di preparazione-esecuzione-riordino (PER).

Fase di esecuzione: interrogare il paziente su come e quanto pratica l’igiene dentale
Fase di esecuzione: interrogare il paziente su come e quanto pratica l’igiene dentale

Riguardo alla preparazione è anzitutto importante, nel concordare il primo appuntamento, aver chiesto al paziente di portare con sé tutti gli strumenti che adopera a casa per praticare l’igiene orale. Al riguardo è anche opportuno prepararsi, per la telefonata preliminare, un discorso adeguato, atto a spiegare al paziente che il primo appuntamento è dedicato soltanto al dialogo, fondamentale per suscitare auto-assistenza.

Allo scopo di poter fare una presentazione valida, con probabili domande-risposte, è anche opportuno che la telefonata inizi chiedendo al paziente se ha a disposizione una decina di minuti, oppure se vuol essere chiamato in un momento per lui più opportuno.

In questa telefonata, impostata con una garbata “solennità”, occorre che il paziente comprenda come le sedute di igiene debbano essere sempre due: la prima di ascolto e impostazione, la seconda di verifica di quanto spiegato, con pratica manuale, per quanto, solitamente, il paziente si aspetta per come intende la “pulizia dei denti”.

Questa impostazione è molto importante anche perché la didattica (“igienista dentale uguale docente”) verrà esplicitamente addebitata, con una esposizione che al paziente va anticipata, per lo meno come concetto standard.

Sempre come fase preparatoria si ricordi che il passo essenziale, per saper bene insegnare, è quello di saper ascoltare, con attenzione e buona memoria, quanto il paziente ci comunica di sé stesso. Abbiamo già detto come sia importante imparare a raccogliere, oltre che l’anamnesi remota e quella prossima, anche l’anamnesi contestuale e, al riguardo, qui non voglio ripetermi. È importante sottolineare, a questo punto, come si esprima il paziente riguardo a quella che possiamo denominare “anamnesi di igiene auto-assistita”.

Utile e dimostrativo, al riguardo, è prendere appunti, e in modo che il paziente se ne accorga. Questa prima seduta sarà dedicata pertanto, all’ascolto e, nel caso fossero consigliate opportune modifiche, alla correzione accurata di tali abitudini.

Fase di riordino: spiegare come praticare l’igiene orale
Fase di riordino: spiegare come praticare l’igiene orale

Si passa poi alla esecuzione, dedicando tempo specifico (e prolungato) a interrogare il paziente su come e quanto pratica l’igiene dentale; tutto questo con domande specifiche:

  • quante volte al giorno pratica l’igiene orale?
  • Sta in piedi o seduto?
  • Con che tipo di spazzolino?
  • Quale dentifricio usa?
  • Adopera il filo?
  • Adopera collutori?

Ovvio che da tutto questo dialogo potremo dedurre quali siano i limiti e le caratteristiche del comportamento auto-assistenziale del paziente: partendo da questi dati faremo gli elogi a quanto il paziente pratica oppure correggeremo analiticamente quanto va modificato.

Eccoci allora al riordino, con il quale si spiegherà, con pazienza, quanto segue. La differenza tra i vari tipi di spazzolino, elettrici, manuali, o con fibre di diversa consistenza. Spiegheremo al paziente che le setole si “snervano” e che lo spazzolino va cambiato ogni 45-60 giorni. Il paziente, per completezza, deve avere ben chiaro come si usano i diversi tipi di spazzolini, tenendo ben presente le varie superfici dei denti nei quattro quadranti.

Si esponga con chiarezza come ogni dentifricio possa avere diversi scopi. Si spieghino le differenze tra filo cerato e filo standard. Si faccia notare come, in spazi interdentali stretti, la spinta eccessiva per superare il punto di contatto possa danneggiare la gengiva. Si spiegherà come gli scovolini vadano usati di grandezza differente a seconda dell’ampiezza degli spazi interdentali. Risulta poi molto opportuno, durante e dopo questa procedura, dare al paziente descrizioni scritte e dettagliate per prodotti e per operatività.

È fondamentale che non si dìano fogli o fascicoli prestampati, ma che ogni indicazione mostri come tutta questa procedura sia personalizzata con un documento prescrittivo o “ricetta” ad personam. La seduta successiva sarà quasi totalmente dedicata al riscontro degli (auspicabili) miglioramenti conseguiti dal paziente, con eventuali ulteriori approfondimenti, nell’ascoltare e nel suggerire.

In questo contesto comunicazionale ricordiamo quanto abbiamo detto, in precedenza, a proposito dell’utilizzazione della videocamera quale strumento indispensabile per dimostrare al paziente da dove (e come) vada rimossa la placca batterica. Per esempio, utilizzando vari tipi di luce, e di specifici liquidi, la placca viene evidenziata in modo spettacolare; analogamente anche senza videocamera, con liquidi tipo eritrosina, si può mostrare al paziente in quali sedi deve operare più puntualmente.

Conclusione

In conclusione, tutto questo dimostra in cosa consiste il servizio di “insegnamento-docenza” quale compito primario di ogni laureato in prevenzione: è indispensabile togliere il tartaro, è ovvio, ma solo dopo che il paziente sarà stato definitivamente motivato ad auto-assistersi, con competenza esemplare, e per tutta la vita.