Concluso l’anno ci siamo lasciati alle spalle le lauree ed è tempo di prime esperienze lavorative.
Di particolare emozione e interesse è proprio il tema del colloquio, ove i neo colleghi si chiedono quali possano essere le strategie migliori per presentarsi nel posto di lavoro.
Giovani e meno giovani possono comunque trarre beneficio dal generare un’ottima presentazione, specialmente quando questi affrontano il colloquio dopo parecchio tempo che non ne sostengono uno, e si ritrovano a vivere quella sorta di “imbarazzo” rispetto al fatto che “non so se mi ricordo come si fa”.
Ogni volta che si affronta un’esperienza non familiare, o non vissuta come tale, è normale per l’essere umano domandarsi se si è in grado di padroneggiarla: i tempi cambiano, si modificano le esigenze lavorative dei professionisti, dei pazienti e degli studi, pertanto la necessità è anche quella di rimanere al passo con i tempi, raggiungendo un giusto bilanciamento tra esperienza e innovazione.
Da questo punto di vista oggi si assiste a un fenomeno nuovo: il colloquio di lavoro online.
Ebbene sì, l’attività di recruiting può essere svolta anche da remoto, anzi qualcuno la predilige proprio in questa epoca pandemica in cui l’incontro de visu necessita di un’organizzazione più impegnativa.
La modalità online, soprattutto per il nostro settore, costituisce una nuova forma di colloquio dai molteplici punti di forza: consente di controllare più facilmente il rischio di trasmissione da virus SARS-CoV-2, offre un certo risparmio di tempo legato alla possibilità di effettuare più colloqui riducendo i costi, abbatte i tempi per la trasferta e i problemi logistici.
Nella declinazione di questa tematica, prima di tratteggiare gli spunti operativi, è bene affrontare dal punto di vista comunicativo e psicologico l’aspetto principe della questione, ovvero l’effetto “prima impressione”.
La prima impressione
La prima impressione è quell’effetto percettivo che ci restituisce, attraverso un’elaborazione cognitiva, un’etichetta che attribuiamo a un oggetto, a un evento o situazione, a una persona in senso positivo o negativo. È un processo che avviene talmente velocemente che si gioca nei primi 7 secondi dall’impatto, pertanto è fondamentale saperli gestire al meglio. Questo dato, sebbene si parli di “elaborazione cognitiva”, fa riflettere la disciplina psicologica sul fatto che probabilmente il procedimento si colloca sotto il livello di coscienza e quindi faccia parte di quelle abilità che il filosofo della mente Dennet definisce “competenze senza comprensione”, e che noi ci spieghiamo come una “sensazione a pelle” a cui non siamo in grado di attribuire sul momento un preciso significato (1).
Uno dei 5 assiomi della comunicazione recita “non si può non comunicare” (2), significa che in qualsiasi circostanza ci troviamo ci facciamo promotori di messaggi anche non verbali, impliciti, indiretti, per cui stiamo comunicando qualcosa. Anche il silenzio esprime volontà o impossibilità di non dire, quindi è esso stesso messaggio comunicativo, così come la nostra espressione, postura, abbigliamento eccetera. Ciò inevitabilmente produce un impatto sugli altri e in qualche modo li condiziona: la pragmatica è quell’area della comunicazione che parte dal concetto fondamentale che questa influenzi il comportamento e che esso stesso, quindi, sia comunicazione. Di conseguenza, gli elementi tenuti in considerazione non sono solamente le parole, il linguaggio e i loro significati, ma anche il non verbale e il linguaggio del corpo inseriti in un dato contesto (3).
In base a tali considerazioni a seguito di un primo incontro inevitabilmente si avverte una percezione di gradevolezza o sgradevolezza, che una volta strutturatesi sono molto resistenti al cambiamento. La prima impressione ci orienta inconsapevolmente a cercare nella realtà dati che la confermino, ciò significa che se una persona ci appare dolce e amorevole tenderemo a sorridere, al contrario se ci appare cupa e minacciosa, tenderemo a stare all’erta o ad allontanarci. Quindi, per citare il grande Oscar Wilde, non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione, in quanto, indipendentemente dalla correttezza di quanto abbiamo percepito, la prima impressione finisce per influenzare tutte le interazioni successive sulla base di aspettative e pregiudizi non ancora verificati (4, 5).
Negli schemi delle pagine precedenti sono proposti alcuni consigli per risultare gradevoli al primo colloquio di lavoro, che non si limitano alla cura della presenza estetica, ma prevedono anche la mimica facciale, lo sguardo, gestualità, postura e prossemica, comunicazione paraverbale e atteggiamento.
…e se il colloquio fosse online?
Ottimo! Si potrà sfruttare la possibilità di sfoggiare un sorriso senza mascherina.
Quindi è vero che “l’abito non fa il monaco’” e “non conta l’apparenza ma la sostanza”? No! Certo che contano, perché, anche se non corrispondono alla sostanza, influenzano l’apertura o chiusura dell’altro: il primo passo per predisporre il proprio e altrui atteggiamento all’interazione comunicativa.
Bibliografia
- Dennet DC. Dai batteri a Bach, come evolve la mente. Raffaello Cortina Editore: Milano, 2018.
- Watzlawick P, Jackson DA, Beavin H. Pragmatica della comunicazione umana. Astrolabio-Ubaldini: Roma, 1971.
- Gangale M, Ghianda L. Comunicazione emozionale in odontoiatria. Quintessenza: Milano, 2020.
- Milanese R, Milanese S. Il tocco, il rimedio, la parola. Ponte alle Grazie: Milano, 2015.
- Nardone G. La nobile arte della persuasione. Ponte alle Grazie: Milano, 2015.
- Rizzolatti C, Sinigaglia G. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaello Cortina Editore: Milano, 2005.