Se ci avessero detto che avremmo vissuto quest’epoca, non ci avremmo mai creduto; tanto meno abbiamo mai immaginato cosa sarebbe stato della nostra professione ai tempi di una pandemia.
Tuttavia oggi ci troviamo a interrogarci su questioni delicate per superare la fase di stallo lavorativo, con il fine di tornare a essere performanti non solo dal punto di vista clinico, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista gestionale degli aspetti di sicurezza.
La situazione di crisi apre due scenari principali su cui è bene soffermarsi per comunicare all’epoca di Covid-19: come comunicare all’interno del team e come rivolgerci ai pazienti.
Prima che professionisti e utenti siamo esseri umani, e in quanto tali abbiamo vissuto, o stiamo ancora vivendo, le emozioni che hanno accompagnato questo periodo difficile.
Tutto ciò cosa ha comportato nei nostri pensieri, quali stati emotivi ha implicato, come siamo stati capaci di reagire alla situazione?
Come risultato tra personalità ed esperienze personali, ogni collega e paziente al momento della riapertura degli studi dentistici avrà strutturato un proprio punto di vista e la propria percezione del problema; aspetti che, a loro volta, influenzeranno atteggiamenti, comportamenti e presa di decisioni.
La finalità ultima nell’atto comunicativo deve pertanto essere quella di affrontare la situazione in modo da rendere funzionali e proattivi i comportamenti, per un rientro alle attività quanto più possibile sereno.
Le emozioni più comunemente connesse al problema
Paura
La paura è provocata da una situazione che il soggetto percepisce come pericolosa. Vi si reagisce con atteggiamenti di lotta o fuga. Nelle fasi inziali della pandemia è stata l’emozione predominante, in quanto ha fatto emergere il senso di impotenza individuale in una società del benessere che tutto controlla, sconcertata dal virus sconosciuto. Da parte del team può essere provata in relazione alla possibilità di perdere il lavoro, di non riuscire a fronteggiare le perdite economiche, di non sapere gestire il setting lavorativo in modo sicuro. Il paziente invece può avvertirla qualora immagini che le prestazioni odontoiatriche siano fonte di trasmissione facilitata del virus, luoghi ove ritiene sia più facile ammalarsi.
Tristezza
La tristezza si avverte quando il tono dell’umore tende ad abbassarsi e può essere accompagnata da azioni come il pianto. Questa emozione può essere provata durante la vita di tutti i giorni di fronte a situazioni di dispiacere, oppure a causa di un evento particolarmente drammatico, come una perdita, un lutto o una scomparsa. Il contesto della pandemia può aver reso possibili entrambe le condizioni, portando la tristezza a essere un’emozione molto riscontrata in questo periodo da molte persone.
Rabbia e collera
Detta anche ira, è lo stato emotivo-affettivo caratterizzato da una crescente eccitazione, che si manifesta a livello verbale e/o motorio, che può culminare in comportamenti aggressivi e distruttivi nei confronti di oggetti, di altre persone o di se stessi. Generalmente la collera è connessa a situazioni che prevedono una limitazione dell’azione personale di fronte a richieste o proibizioni dell’ambiente.
Pur riconoscendo la necessità di adeguarsi alla situazione del distanziamento sociale, l’essere umano deve fare i conti con la costrizione di dover allontanare le mete, procrastinare gli obiettivi, ritardare le gratificazioni.
La quarantena forzata potrebbe aver apportato sentimenti di impotenza e frustrazione per l’impossibilità di uscire e condurre le normali attività, per l’andamento dell’economia personale e familiare, per l’inattuabilità di svolgimento dei propri interessi e passatempi che rappresentavano gli aspetti di piacere della vita.
Confusione e spaesamento
Questa emozione si manifesta quando il soggetto non è più in grado di organizzare le esperienze percettive in un insieme coerente. Si presenta una condizione per cui la persona fatica a distinguere ciò che accade nella sua mente da ciò che accade nel mondo esterno perché le percezioni si mescolano con i pensieri, le rappresentazioni, le immagini e i sentimenti che vengono proiettati nell’ambiente circostante (1).
Da cosa origina questo stato? Probabilmente nell’intento di dare un significato a un fenomeno ignoto, che in quanto tale mette a dura prova la capacità di comprenderlo al fine di porre in atto una serie di misure pratiche, protocolli clinici, atteggiamenti che sarebbero orientati alla gestione e risoluzione del problema. Complice della confusione è sicuramente anche l’infodemia: neologismo nato proprio in tempi recenti derivato dai termini “informazione” ed “epidemia”, per cui si intende l’eccessiva proliferazione di informazioni spesso contraddistinte da dubbia affidabilità e carenza di fonti (2), definita anche “bulimia informativa” (3).
Le emozioni hanno una conseguenza diretta sul nostro comportamento e vanno gestite sia dentro di noi, sia tra i membri dell’équipe odontoiatrica, così come nella modalità di comunicazione verso i pazienti. Lo scopo è quello di accoglierli e rassicurarli, soprattutto in considerazione del fatto che paura, tristezza e rabbia fanno parte delle cosiddette emozioni fondamentali dell’uomo (4).
Quali atteggiamenti promuovere?
Vediamo ora quali sono gli atteggiamenti da promuovere.
Accettazione
Spesso tentando di sbarazzarsi delle proprie emozioni spiacevoli e dei propri disagi non si fa altro che amplificarli. Si definisce accettazione “l’assunzione di consapevolezza che un certo scopo sia definitivamente compromesso”. È un atteggiamento utile a far sì che non si consumino risorse per uno scopo irraggiungibile.
Proattività
È bene sfruttare lo slancio dato dal portato emotivo, anche se considerato come spiacevole, al fine di raccogliere le risorse per fronteggiare una condizione nuova. Rinunciare, assistere passivamente agli eventi, demotivarsi a qualsiasi cosa non sono buone risposte comportamentali per affrontare una situazione difficile.
Resilienza
È la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici. Accettare e proattivarsi significa sviluppare resilienza, ovvero l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà.
Comunicare con il team
Il primo periodo di rientro al lavoro vede protagonisti il riadattamento del setting operativo e il coordinamento delle attività.
La buona riuscita di tali passaggi dipende da una comunicazione efficace e, se correttamente espletati, essi aiutano notevolmente non solo il management aziendale, ma anche la gestione di eventuali emozioni negative e senso di inadeguatezza.
La comunicazione è anche la comunicazione del corpo, del non verbale e delle azioni, ove la scomoda incertezza di chi esegue un compito gioca un ruolo fondamentale in senso negativo, soprattutto in chi ci guarda e/o ascolta.
È il momento della raccolta delle risorse da mettere in campo, che dovrebbe avvenire attraverso il susseguirsi delle sei fasi seguenti.
1. Reperire le corrette informazioni
Informarsi e studiare significa approcciare proattivamente il problema, ovvero non subire passivamente gli eventi, ma mobilitarsi per conoscere il fenomeno.
Il primo passo per una presa di decisioni consapevoli parte dall’acquisizione di dati, reperibili da fonti autorevoli quali siti internazionali e nazionali di salute pubblica (come per esempio l’OMS – in inglese WHO, World Health Organization -, l’Istituto Superiore di Sanità, la Protezione Civile, il Ministero Salute, l’European Centre for Disease Prevention and Control, comunicazioni da parte degli ordini di appartenenza, siti e comunicazioni da parte di associazioni di categoria riconosciute e rappresentative dei diversi profili professionali).
Non è possibile dotarsi di un’opinione senza conoscenza: chi si avvale di conoscenze approssimative e sommarie, senza scegliere fonti accreditate, valuta i fenomeni per inferenza ed è più facilmente soggetto a errori e difficoltà successive di adattamento.
2. Condividere
Dal punto di vista comunicativo relazionale è una fase importantissima, in quanto nello scambio e nella condivisione delle informazioni si restituisce dignità alle figure professionali del team che apportano il loro specifico sapere. Significa riconoscersi come persone in grado di offrire spunti costruttivi al gruppo e portatrici di spunti di valore rispetto all’individuale punto di vista. Già Lewin nei suoi studi nell’ambito della psicologia sociale, asseriva che “il tutto è più della somma delle singole parti”, per intendere che il contributo del gruppo costituisce sempre imprescindibile risorsa (5).
Inoltre un confronto da parte dei diversi ruoli potrebbe far emergere opinioni completamente ignorate o non completamente intuite dagli altri attori coinvolti nel processo, anticipando la risoluzione di problemi che altrimenti sarebbero soltanto apprezzabili sul campo e genererebbero ulteriori difficoltà.
Nell’impossibilità di farlo personalmente, il digitale online offre un panorama particolarmente ricco di piattaforme meeting che hanno visto il loro massimo sviluppo proprio in questo periodo. È sufficiente una connessione internet e un pc, o tablet o smartphone per scaricare l’applicazione dedicata e aggiungere i membri nelle varie “stanze” in qualità di partecipanti alla riunione, ove hanno l’opportunità di conversare, vedersi via webcam, chattare e scambiare documenti o link in tempo reale. Sottovalutare questa fase potrebbe dare modo a sentimenti di delusione di manifestarsi o a eventuali conflitti di emergere.
3. Scegliere
Il confronto costruttivo, ove si è sospeso il giudizio e abbracciato il genuino ascolto attivo e aperto alle idee, genera suggerimenti efficaci. Le proposte e le riflessioni si influenzano vicendevolmente e si confrontano per giungere a conclusioni trasversalmente accettate e condivise. Scegliere significa prendere una decisione consapevole e responsabile.
4. Apprendere e calibrarsi
Ogni passaggio operativo è bene che sia trasversalmente compreso in tutti i suoi dettagli da tutte le figure coinvolte ed eseguito capillarmente nello stesso modo. Il processo di calibrazione è indispensabile per migliorare l’accuratezza del sistema e prevenire errori, in modo tale che tutte le persone, che per definizione non sono “macchine”, abbiano l’opportunità di tararsi sulle procedure da attuare. Una strategia che può aiutare il processo di apprendimento è la simulazione: un tutor esperto spiega i contenuti, li esegue personalmente, e colui che deve apprendere l’abilità li riproduce. La massima efficacia di un processo di training è data da una simulazione eseguita personalmente e nel proprio setting abituale.
5. Attuare e misurare
Arrivare correttamente preparati permette di concentrarsi solo su limitati aspetti, quali il mantenimento dell’attenzione sul nuovo compito, il confronto tra aspettative e realtà, il controllo di variabili indipendenti come il comportamento del paziente. Giungere insicuri a questa fase darebbe la sensazione di non aver la situazione sotto controllo, sia a noi stessi che al paziente, e creerebbe non poche difficoltà alle personalità caratterizzate da tratti ansiosi.
6. Verificare e revisionare
Per un certo periodo variabile (per esempio un mese), dopo un tempo prestabilito di attività (per esempio una giornata lavorativa, una settimana eccetera) è bene che il team si confronti nuovamente rispetto ai risultati attesi e quelli ottenuti, al fine di riadattare azioni migliorabili.
Comunicare con i pazienti
Probabilmente comunicare efficacemente con il paziente è la cosa che sta più a cuore ai professionisti: se la difficoltà comunicativa all’interno del medesimo team, che lavora per il raggiungimento dello stesso scopo, può apparire abbastanza gestibile, può essere invece più complicato spiegare al paziente concetti difficili, o giustificarsi qualora questi mostri perplessità od obiezioni.
È bene partire dal presupposto che il fatto stesso che il paziente in primis ci abbia scelto e in secondo luogo stia tornando, è dato dalla relazione di fiducia che si è già instaurata tra operatore-paziente: prestare cura alla comunicazione ottimizza e conferma l’alleanza terapeutica.
È facile che già prima della seduta, in fase di telefonata, emergano da parte del paziente domande di ampio respiro che in realtà celano un interrogativo sotteso che potrebbe somigliare a: “Cosa cambierà? Cosa mi devo aspettare?”. Far conoscere all’utenza gli elementi del processo, facilita l’adeguamento ai nuovi contesti, facendo fronte ai dubbi emergenti.
L’obiettivo è informare e rassicurare rispetto alla preparazione del team a gestire la situazione dall’accoglienza al congedo.
Ruolo fondamentale ricopre chi risponde al telefono, che è necessario sia pronto a gestire una chiara e corretta comunicazione dove contenuti e modi non devono essere lasciati al caso.
In particolare suggerirei vincente la videochiamata: l’operatore che dovrà accoglierei il paziente conduce personalmente il triage telefonico, atto a stabilire un primo contatto relazionale più aperto e privo di barriere, ove deve accogliere dubbi, domande, richieste e perplessità, ma soprattutto prepari l’utente al fatto che troverà il professionista bardato e la comunicazione sarà differente (6).
Se ci fossero aspetti ancora poco chiari della vicenda, non bisogna dare al paziente false aspettative, garanzie di approcci millantanti, ma dire sempre la verità, con l’obiettivo di trasmettere che l’intenzione primaria è quella di garantire massima serietà e sicurezza. Da evitare l’atteggiamento di chi si espone senza certezze, a discapito della reputazione dello studio e dei singoli professionisti che lo rappresentano.
I cambiamenti maggiormente visibili sono senz’altro i DPI indossati dall’équipe: se da una parte ci si sente più sicuri, dall’altra è innegabile che non riconoscere perfettamente chi ci sia dietro quel vestiario possa far paura.
Può succedere che un adulto si senta disorientato, e peggio ancora un bambino. Potrebbe essere d’aiuto che il personale di segreteria incentivi il genitore a preparare il piccolo paziente, raccontando storie curiose in modo tale che lo associ “al supereroe con la tuta verde” piuttosto che al “mostro” delle favole.
Altro stratagemma è affiggere alle pareti dei disegni colorati di personaggi dei cartoni plastificati animati che portano la mascherina, in modo che il bambino associ i DPI a qualcosa di positivo, familiare e amico. A tal proposito un gruppo di lavoro del CSID dell’Università degli Studi dell’Insubria sta progettando dei dispositivi ad hoc per favorire l’approccio con i più piccoli e con categorie fragili di pazienti (7).
L’aspetto che maggiormente minaccia la relazione igienista-paziente in questo caso è il rischio di anonimizzazione del curante, che ha la necessità di agire con la massima umanità per trovare un canale interpersonale di interazione efficace.
Parlare con un tono pacato, ritmo lento e voce calma aiuta a rassicurare e a trasmettere, che nonostante i cambiamenti, il clinico mantiene la padronanza della situazione e contribuisce a mettere a suo agio chiunque abbia davanti.
l’importanza dell’approccio comunicativo-emozionale Telemedicine in odontoiatria
La necessità di garantire condizioni sicure porterà a concentrare nella seduta operativa solo le azioni irrinunciabili: si dovrà infatti considerare l’opportunità che ci offre la telemedicina in ambito odontoiatrico, anche se questa non ha mai rappresentato l’approccio classico.
In particolare la comunicazione da parte di tutto il team dovrà svolgersi maggiormente attraverso i canali digitali per tutto ciò che è possibile. Per esempio sarà fondamentale nelle situazioni di: raccolta delle informazioni e del malessere dei pazienti, comunicazione e approfondimento della diagnosi, prescrizioni di farmaci e terapie, presentazioni di piani di trattamento, discussioni del caso clinico (foto e radiografie) (6).
In particolare per l’igienista dentale sarà fondamentale sfruttare le piattaforme digitali per accogliere il paziente prima della seduta (primo contatto con videochiamata) per gestire bisogni e aspettative, istruire e motivare, supervisionare il paziente mentre riproduce manovre e fornire prescrizioni o link di approfondimento a tematiche specifiche (6).
Conclusione
Ogni cambiamento è soggetto a uno sforzo di adattamento, ma lavorare qualitativamente ad alti livelli e in modo etico si può trasformare in un ulteriore vantaggio in fase di crisi, ovvero in un’opportunità per fare marketing in un contesto dove il paziente percepisce che al primo posto c’è sempre il suo interesse.
Bibliografia
1
Galimberti U. Dizionario di psciologia. Garzanti: Milano; 1999.
2
Treccani, Enciclopedia Online (2020)http://www.treccani.it/vocabolario/infodemia_%28Neologismi%29/
3
Gori U. (a cura di). Cyber Warfare 2017: Information, Cyber e Hybrid Warfare: contenuti, differenze, applicazioni. FrancoAngeli; 2018. p. 99.
4
Ekman P. Universal and cultural differences in facial expressions of emotion. In Nebraska symposium on motivation. University of Nebraska Press: 1971.
5
Lewin K. traduz. It. Teorie e sperimentazione in psicologia sociale. Il Mulino: Bologna; 1972. p.219.
6
Gangale M, Ghianda G. Comunicazione emozionale. Quintessenza: Milano; 2020.
7
Gruppo di lavoro sui DPI, Università degli Studi dell’Insubria: Laura Donaggio, Martina Gangale, Giuseppe Giordano, Michela Rossini, Antonella Silvestri.