In occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro, cogliamo l’occasione di riportare i risultati di un recente studio condotto dall’Università degli Studi di Milano. La ricerca, dal titolo “Il ruolo dell’igienista dentale nello screening opportunistico del cancro orale”, indaga su quanto la consapevolezza venga realmente convertita a livello clinico, e quindi quantifica la reale applicazione dello screening del cavo orale.
Il cancro orale nel mondo
Allo stato attuale, il cancro orale è uno dei 20 tumori più frequenti al mondo. Insieme a tutte le neoplasie dell’orofaringe costituisce il 7° tumore più frequente e la 9° causa di decesso per cancro al mondo. I casi sono in aumento: nel 2020 sono stati registrati nel mondo 380.000 casi di cancro orale, ben 30.000 in più rispetto ai dati registrati nel 2018 (350.000 casi). Dei 380.000 casi registrati, due terzi riguardano il genere maschile.
Alla luce dei dati sulla frequenza e sopravvivenza di questo tumore, che ha
valori sostanzialmente invariati da circa 20 anni, il cosiddetto screening opportunistico rappresenta una strategia utile nel riconoscimento precoce.
I criteri della ricerca
La ricerca condotta coinvolge circa 500 partecipanti e si rivolge ai soli igienisti dentali laureati presso un qualsiasi ateneo in Italia. Lo studio nazionale, con un questionario di 19 domande, ha coinvolto effettivamente 15 regioni italiane, ovvero: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino-Alto Adige, Veneto.
Risultati in evidenza
Dallo studio è risultato che il 54,2% degli intervistati esegue lo screening a tutti i nuovi pazienti, il 30,5% saltuariamente, il 6,4% solo per i pazienti a rischio (consumatori noti di tabacco, alcol, diagnosi pregresse). Il restante 8,9% ha ammesso di non eseguire lo screening ai nuovi pazienti. Coloro che hanno dichiarato di effettuarlo, hanno indicato un tempo di esecuzione tra i 90 secondi e i 2 minuti. Come evidenzia la ricerca, questo dato contrasta con la filosofia dello screening opportunistico, che prevede un’applicazione media di almeno 4 minuti.
I dati tratti dalla ricerca hanno evidenziato come il carcinoma, neoplasia maligna, sia meno raro di quanto si possa pensare. Il 62% degli intervistati ha ammesso di aver identificato una lesione successivamente diagnosticata come neoplasia maligna. La proporzione evidenzia che 1 intervistato su 3 ha avuto questa esperienza nella propria vita lavorativa.
Inoltre, la ricerca ha riportato l’esistenza di un’effettiva e tangibile barriera allo screening.
Per il 63,2% degli intervistati la mancanza di formazione e conoscenza rappresenta il principale ostacolo. Per il 48,6% invece la difficoltà maggiore è rappresentata dalla mancanza di tempo.
Quali conclusioni trarre dallo studio?