
Lo scopo del presente lavoro è quello di valutare la prevalenza di burnout tra gli igienisti dentali durante la pandemia di COVID-19 e l’esistenza di differenze rispetto a uno studio condotto prima dell’emergenza sanitaria.
È stato effettuato uno studio osservazionale su un campione rappresentativo di igienisti dentali. È stato utilizzato il Maslach Burnout Inventory – General Survey, chiedendo ai partecipanti di rispondere, in maniera anonima, tenendo conto del periodo compreso tra marzo 2020 e marzo 2021. I dati raccolti sono stati analizzati statisticamente utilizzando il test T di Student per campioni indipendenti. Le differenze sono state considerate statisticamente significative per valori di probabilità p<0.05.
Gli igienisti dentali che hanno risposto al questionario sono stati 377. La maggior parte dei soggetti ha un’età inferiore ai 40 anni e svolge la professione da meno di 15 anni. Il genere più rappresentato è quello femminile. Confrontando i valori di esaurimento emotivo (EE), depersonalizzazione (DP) e realizzazione personale (RP) prima e durante la pandemia possiamo notare un aumento del valore medio di EE. Inoltre, si evidenzia un aumento della componente EE e una diminuzione di RP nella fascia di professionisti che esercitano da 26-30 anni.
INTRODUZIONE
Il burnout consiste in una degenerazione particolare dello stato emotivo che colpisce generalmente le professioni di aiuto sociale, soprattutto le professioni sanitarie, per le quali il rapporto con il paziente ha un’importanza centrale.
Nel 1975 Christina Maslach iniziò a parlare di Burnout syndrome, descrivendola come una sindrome multifattoriale costituita da tre dimensioni (1).
- L’esaurimento emotivo: sensazione di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro.
- La depersonalizzazione: atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti degli utenti/pazienti che richiedono la prestazione professionale.
- La ridotta realizzazione personale: la percezione della propria inadeguatezza e di insuccesso in ambito lavorativo con conseguente carenza di autostima.
In genere si ritiene che il burnout sia innanzitutto un problema dell’individuo, legato a difetti o caratteristiche del proprio carattere, del proprio comportamento o nella propria capacità lavorativa. In realtà, diversi studi (2) hanno messo in evidenza che il burnout non è esclusivamente legato all’individuo, ma anche al contesto sociale nel quale si lavora.
All’inizio del 2020, il mondo è stato colpito dalla pandemia di COVID-19 causata dal virus SARS-CoV2. Il primo caso italiano è stato isolato il 20 febbraio 2020 e il sistema sanitario italiano è stato rapidamente travolto dal forte aumento dei casi che, in circa un anno, hanno raggiunto più di 3.000.000, con più di 100.000 morti (3).
Dall’inizio della pandemia, gli operatori sanitari, soprattutto quelli che lavorano nei reparti di emergenza e in quelli dedicati al trattamento dei pazienti COVID-19, hanno affrontato alti livelli di stress e carichi di lavoro superiori al normale (4). L’uso prolungato di dispositivi di protezione individuale (DPI), il calore eccessivo causato da vestiti extra, la disidratazione, la cattiva alimentazione, la mancanza di sonno e la stanchezza possono avere predisposto gli operatori sanitari al burnout (5). Inoltre, la costante esposizione alla sofferenza e alla morte dei pazienti ha causato ulteriori problematiche di salute mentale (6,7).
In Italia uno studio condotto su 1.153 operatori sanitari ha evidenziato che quelli direttamente coinvolti con i pazienti COVID-19 hanno sperimentato livelli più elevati di stress correlato al lavoro. In modo particolare, l’esaurimento emotivo e la depersonalizzazione erano direttamente associati con la presenza di almeno un sintomo somatico, come cambiamenti nelle abitudini alimentari, difficoltà a dormire e tensione muscolare (8).
Un’altra ricerca eseguita su 2195 operatori sanitari che lavorano nel veronese ha evidenziato che una percentuale considerevole di partecipanti aveva problemi psicologici clinicamente significativi, in termini di sintomi da stress post-traumatico (54%), ansia (50%) e sintomi depressivi (27%) (9). Gli stessi autori sottolineano come i soggetti esaminati attraverso il Maslach Burnout Inventory-General Survey (MBI-GS) mostrano una prevalenza di sintomi di alto esaurimento emotivo del 38,3%, di bassa efficacia professionale del 46,5% e di alti livelli di cinismo del 26,5% (10).
Uno studio similare, condotto nell’area metropolitana di Torino, ha evidenziato come, su un campione di 797 operatori sanitari, 324 (40,7%) hanno mostrato un elevato esaurimento emotivo, 241 (30,2%) una elevata depersonalizzazione e 290 (36,4%) un basso livello di realizzazione personale (11).
È quindi ragionevole supporre che la specificità lavorativa correlata alla pandemia COVID-19 ha incrementato i livelli di burnout tra il personale sanitario, soprattutto per quello a stretto contatto con la patologia e con un alto rischio di infettarsi (12).
Lo scopo di questo lavoro è di valutare la prevalenza di burnout tra gli igienisti dentali durante la pandemia di COVID-19 e l’esistenza di differenze rispetto a un precedente studio (13) condotto dagli stessi autori prima dell’emergenza sanitaria.
MATERIALI E METODI
È stato effettuato uno studio osservazionale su un campione di convenienza rappresentativo di igienisti dentali soci AIDI (Associazione Igienisti Dentali Italiani), associazione di categoria maggiormente rappresentativa (Decreto del Ministero della Salute del 30/07/2013).
Per la raccolta dati è stata utilizzata fedelmente la metodologia adottata da Lanzetti et al. per l’indagine precedente alla pandemia di COVID-19.
Lo strumento di indagine utilizzato è il questionario, costituito da una parte demografica, dove viene richiesta l’età, il sesso e da quanto tempo svolge la professione di igienista dentale e dal Maslach Burnout Inventory – General Survey (MBI-GS) (14,15). Il Maslach Burnout Inventory – General Survey (MBI-GS) è un questionario messo a punto per valutare qualitativamente e quantitativamente lo stato di Burnout. È costituito da 22 domande suddivise in tre sottoscale che valutano: esaurimento emotivo (EE), depersonalizzazione (DP) e realizzazione professionale (RP). Con una mail di accompagnamento è stato chiesto ai partecipanti di rispondere alle domande del questionario tenendo conto del periodo compreso tra marzo 2020 e marzo 2021.La frequenza con cui l’intervistato ha provato sensazioni relative alle tre sottoscale, è stata valutatata utilizzando la seguente modalità di risposta a sette punti:
- 0 = la situazione non si è mai verificata;
- 1 = la situazione si è verificata qualche volta l’anno;
- 2 = la situazione si è verificata una volta al mese o meno;
- 3 = la situazione si è verificata qualche volta al mese;
- 4 = la situazione si è verificata una volta la settimana;
- 5 = la situazione si è verificata qualche volta la settimana;
- 6 = la situazione si è verificata ogni giorno.
Ogni questionario compilato è stato analizzato attraverso un’apposita griglia (Tab. 1) che permette di definire i livelli di rischio per ciascuna sottoscala.Il questionario è stato digitalizzato attraverso la piattaforma Google moduli ed è stato distribuito a tutti gli igienisti dentali soci AIDI, che hanno risposto in forma anonima, attraverso la mailing list dell’associazione.

I dati ottenuti sono stati raccolti attraverso un database informatico (Microsoft Excel 2011). L’analisi statistica è stata effettuata tramite il software R-Commander versione 3.6.3, utilizzando il T test di Student per campioni indipendenti. Le differenze sono state considerate statisticamente significative per valori di probabilità p<0.05.

RISULTATI
Gli igienisti dentali che hanno risposto in maniera anonima al questionario sono stati 377. Le caratteristiche del campione sono riassunte nella tabella 2. La maggior parte dei soggetti che hanno risposto al questionario ha un’età inferiore ai 40 anni (67,93%) e svolge la professione di igienista dentale da meno di 15 anni (76,67%). Il sesso più rappresentato è quello femminile (90,98%). Analizzando il MBI-GS, possiamo notare che il 15,12% degli intervistati ha un rischio alto per quanto riguarda l’esaurimento emotivo, mentre il 26,26% ha un rischio medio e il 74,54% ha un rischio basso. La depersonalizzazione mostra un alto rischio nel 7,43% dei soggetti, mentre il 17,77% e il 74,80% ottengono un rischio medio e basso.L’analisi della terza sottoscala, la realizzazione personale, evidenzia un’alta realizzazione personale nel 74,54% dei soggetti intervistati, mentre il 9,28% mostra un rischio alto.Confrontando i valori di EE, RP e DP prima e durante la pandemia (Fig. 1), possiamo notare un aumento statisticamente significativo del valore medio di EE (t = -2,378; df = 780,02; p-value = 0.0176) che passa da 15,93 a 17,81. Le differenze tra i valori di DP e RP, invece, non risultano essere statisticamente significative (DP: t = -0,0372; df = 807,08; p-value = 0,97. RP: t = 1,391; df = 811.24; p-value = 0,165).

Dividendo il campione in base al genere (Fig. 2 e 3) non si evidenziano differenze statisticamente significative nel confronto tra prima e durante la pandemia. Tuttavia, analizzando la variazione in percentuale degli uomini in base ai 3 livelli di rischio possiamo notare che nel 2019 il 14,86% dei soggetti che presentano un rischio medio di EE, diminuisce all’8,82% nel 2021, aumentando la percentuale di individui con rischio alto (73,53%) e basso (17,65%), con una differenza statisticamente significativa (t = 11,657; df = 2; p-value = 0.007279). Dividendo il campione in base all’età anagrafica, non emergono differenze statisticamente significative, anche se (Fig. 4) possiamo evidenziare dei valori che, rispetto al 2019, determinano un livello di rischio più alto in tutte le fasce di età.


Il confronto dei dati raccolti prima e dopo l’emergenza sanitaria, suddividendo il campione in anni lavorativi, mostra un aumento statisticamente significativo della componente EE (t = -2,556; df = 6; p-value = 0,0431) e una diminuzione statisticamente significativa di RP (t = 2,5038; df = 6; p-value = 0,0463) nella fascia di professionisti che esercitano da 26-30 anni. Inoltre, anche nella fascia 0,1-5 anni e 6-10 anni si rileva un aumento dei valori di EE da basso a medio rischio (Fig. 5).


DISCUSSIONE
Il campione analizzato è in prevalenza femminile e con una età inferiore ai 40 anni, situazione che rispecchia le caratteristiche dell’Igienista Dentale in Italia che è una professione giovane e squilibrata verso il genere femminile.
Il confronto con i dati raccolti nel 2019 mostra che una percentuale di intervistati, che aveva valori di EE compresi tra 0 e 17 prima della pandemia, durante l’emergenza sanitaria ha fatto registrare valori più alti. Tuttavia la maggior parte dei soggetti presenta punteggi di EE minori di 30 e sono, quindi, da considerare a rischio basso. Questo è un dato da non sottovalutare, ma deve essere considerato una spia di allarme che sottolinei la necessità di monitorare la condizione emotiva degli igienisti dentali e di attuare metodiche preventive finalizzate alla riduzione dell’esaurimento emotivo, soprattutto durante questo periodo di instabilità mondiale legata alla pandemia.
Le altre due sottoscale, DP e RP, non risultano avere differenze statisticamente significative prima e durante la pandemia. La depersonalizzazione rimane invariata con oltre il 60% dei professionisti localizzati in un rischio basso, circa un 20% assestati su un rischio medio e un restante valore di circa 20% su un rischio alto, come già analizzato nel 2019. Anche la realizzazione personale rimane invariata in entrambi gli studi. Questo può voler dire che gli igienisti dentali sono riusciti a soddisfare e a mantenere alte le proprie aspettative, anche quando le condizioni lavorative sono diventate avverse e più difficoltose. In questo difficile periodo pandemico gli igienisti dentali italiani hanno saputo adattare le proprie abitudini lavorative e hanno dimostrato di essere adeguatamente preparati per affrontare l’infezione da SARS-CoV-2 nel loro ambiente lavorativo, fiduciosi di poter evitare l’infezione durante la loro attività (16).
L’analisi statistica non evidenzia differenze nei livelli di burnout per quanto riguarda la divisione in base al genere e all’età. Possiamo, comunque, notare una diminuzione rispetto ai valori pre-
pandemia del livello di rischio medio di EE negli uomini. Si può notare che la situazione è rimasta abbastanza stabile seppure si venga a evidenziare una lieve tendenza della concentrazione dei soggetti maschi intervistati verso il rischio alto e verso il rischio basso. Tuttavia, dobbiamo considerare anche il fatto che gli uomini nello studio del 2019 erano in maggior rappresentanza (15,23% nel 2019 contro 9,91% nel 2021) e va tenuto conto che si tratta di una minima parte del campione, poiché la maggioranza dei soggetti sono donne.
In base agli anni lavorativi possiamo individuare la fascia tra i 26 e i 30 anni di lavoro come quella maggiormente a rischio. In questa fascia si può apprezzare l’aumento dell’esaurimento emotivo e una conseguente diminuzione della realizzazione personale. Possiamo quindi supporre che la minore capacità adattiva e il maggior rischio per la propria salute portino gli igienisti dentali più esperti a patire in maniera significativa l’emergenza pandemica, con un conseguente aumento dello stress correlato al lavoro e un aumento del rischio di burnout.
Infine, possiamo evidenziare un aumento, seppur non statisticamente significativo, dei valori di EE oltre il limite soglia di rischio basso per le fasce di soggetti che lavorano da meno di 10 anni. Questo dato può essere spiegato in quanto i professionisti più giovani e con meno esperienza possono soffrire maggiormente l’incertezza lavorativa e la difficoltà, soprattutto dei neolaureati, di entrare nel mondo del lavoro.
CONCLUSIONI
Nonostante il nostro studio presenti alcune limitazioni legate al campionamento e all’autocompilazione dei questionari, possiamo affermare che la maggior parte degli operatori sono in grado di stabilire un rapporto con il paziente dal quale riescono a ottenere una compliance adeguata (realizzazione professionale) senza venirne interessati a livello personale e perdendo quindi la “propria persona” (depersonalizzazione). L’emergenza sanitaria ha comunque determinato un lieve aumento dell’esaurimento emotivo.
Sebbene ci siano state delle variazioni nei vari indici analizzati tra il periodo prima e durante la pandemia, queste non hanno evidenziato cambiamenti sostanziali.
Si può, quindi, affermare che è ancora presto per constatare se l’emergenza sanitaria globale possa aver causato un aumento del burnout negli Igienisti Dentali, che risultano essere interessati dal fenomeno solo in minima parte.
Solo il tempo e una ulteriore indagine a distanza di anni potranno chiarire effettivamente se ci siano state delle conseguenze nell’emotività dei singoli, nella perdita della personalità e nella realizzazione professionale dovute agli sviluppi di quanto avvenuto nel corso del 2020.
La consapevolezza del burnout è importante per la sua prevenzione e per affrontarlo in modo adeguato. Pertanto, durante la pandemia COVID-19, è necessario riconoscere i fattori associati al burnout e identificare le strategie per affrontarlo.
Mantenere la salute fisica ed emotiva oltre ad avere una buona interazione con i familiari e le persone care, sono strategie efficaci per ridurre il burnout. Felicità, esercizio fisico regolare, idratazione costante e buon riposo possono aiutare il professionista a prevenire questa sindrome (17).
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’Associazione Igienisti Dentali Italiani (AIDI).