Autovalutazione endoscopica applicata alla terapia parodontale non chirurgica. Studio preclinico delle potenzialità didattico-formative

Endoscopic self-evaluation applied to non-surgical periodontal therapy. Preclinical study of the educational and training potential

Fig. 1 Endoscopio parodontale. Fig. 2 Fibra ottica a confronto con sonda parodontale. Fig. 3
Scopo del lavoro:

L’endoscopia parodontale rappresenta un’innovazione in grado di aprire nuove opportunità nell’ambito della strumentazione sotto-gengivale. Le sue potenzialità didattico-formative per il professionista sono ad oggi un aspetto ancora poco indagato. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare il ruolo di questa tecnologia nel miglioramento dell’efficacia operativa degli studenti del Corso di Laurea in Igiene Dentale durante strumentazione non chirurgica.

Materiali e metodi:

Ventiquattro studenti sono stati equamente suddivisi in un gruppo di studio (GS) ed uno di controllo(GC). In ogni gruppo rientravano operatori con differente esperienza clinica: 6 iscritti al terzo ed ultimo anno di corso, 6 iscritti al secondo anno. Tutti i partecipanti hanno effettuato su simulatori anatomici con parodontite la strumentazione subgengivale degli elementi #4.1 e #4.7 mediante specifiche punte ultrasoniche con settaggi standardizzati. La totalità della superficie radicolare sottogengivale dei due elementi oggetto di studio presentava depositi artificiali. La strumentazione si è articolata su due momenti distinti (T0 e T1). Il limite di tempo massimo, per ogni momento, è stato di 6 minuti. Tra T0 e T1 i depositi sono stati ripristinati. Eseguita la prima strumentazione (T0), soltanto il GS ha visionato tramite endoscopio le aree trattate con possibilità di verificare la qualità del proprio operato. Al termine di entrambe le fasi, l’entità dei depositi è stata quantificata mediante specifico software e sottoposta ad analisi statistica.

Risultati:

Dall’analisi dei dati è emerso come per il solo GS ci sia stato tra prima e seconda strumentazione un significativo miglioramento su entrambi gli elementi. Tale dato è risultato indipendente dal grado di esperienza clinica.

INTRODUZIONE

Con il termine Malattia Parodontale ci si riferisce alle manifestazioni patologiche, di natura infiammatoria ed infettiva, che interessano i tessuti di supporto dentale. L’esistenza di un rapporto diretto di causalità tra la presenza di depositi di placca e/o tartaro, dovuti alla colonizzazione microbica, e l’insorgenza dello stato infiammatorio, è da tempo nota. I periodici ed accurati controlli igienici vengono riconosciuti, pertanto, alla base del successo a lungo termine del percorso di cura parodontale. L’approccio terapeutico si fonda sulla rimozione del fattore causale, sia in sede sopragengivale, che sottogengivale. Quest’ultima operazione può essere eseguita dell’igienista dentale, con la tecnica a “cielo coperto”, senza il sollevamento del tessuto gengivale. Modalità che si distingue da quella a “cielo aperto”,dove è prevista l‘esposizione chirurgica della superficie radicolare.

L’asportazione dei depositi senza l’ausilio della chirurgia è da ritenersi una procedura difficoltosa per evidenti limitazioni anatomiche e visive. Nonostante il forte sviluppo tecnologico degli ultimi anni e le facilitazioni operative che da esso sono scaturite, rimane ancora cruciale e poco esplorata la possibilità di autovalutazione, intesa come opportunità d’osservazione dell’operato. Autovalutazione diretta che porterebbe non solo ad una più efficace strumentazione nello specifico momento operativo, ma anche ad un più rapido apprendimento della tecnica strumentale. In questo ambito, alcune importanti innovazioni sembrano aprire potenziali vantaggi nella verifica atraumatica dell’effettiva rimozione dei depositi. Queste nuove prospettive, una volta opportunamente approfondite, potrebbero portare a nuovi protocolli operativi. Allo stesso tempo, è necessario indagare la possibilità di elaborare percorsi formativi, con l’obiettivo d’indurre nell’operatore un aumento nell’efficacia della strumentazione.

L’introduzione dell’endoscopia in ambito parodontale offre per la prima volta questa cruciale opportunità. Tale tecnologia, grazie ad una fibra ottica di diametro poco superiore a quello della sonda parodontale, consente in modo atraumatico e magnificato la visione a monitor delle aree sottogengivali (fig. 1 e 2).

La visualizzazione diretta dei depositi consente all’operatore di verificare qualitativamente il proprio operato, in modo tale da perfezionare quanto eseguito ed inducendo una automatica consapevolezza operativa e quindi una crescita professionale. In relazione alla scarsità di evidenze scientifiche sull’opportunità di autovalutazione endoscopica e quindi sul risvolto didattico che ne può conseguire, l’obiettivo prefissato per questo studio è stato quello di approfondire il potenziale impatto dell’endoscopia sul miglioramento delle abilità operative degli studenti del Corso di Laurea in Igiene Dentale.

MATERIALI E METODI

Per determinare il campione di studio sono stati presi in considerazione i dati di uno studio preliminare. Lo svolgimento delle attività sperimentali prevedeva il coinvolgimento di ventiquattro studenti del Corso di Laurea in Igiene Dentale. Questi ultimi, inclusi in qualità di operatori volontari, sono stati assegnati al Gruppo di Studio (GS) e al Gruppo di Controllo (GC), attraverso una selezione casuale. Dodici operatori erano iscritti al secondo anno del Corso di Laurea, e dodici erano iscritti al terzo ed ultimo anno del Corso di Laurea. In ogni gruppo rientravano, quindi, operatori dalla differente esperienza clinica, sei del secondo e sei del terzo anno (tabella 1). In tutte le fasi della ricerca, le procedure strumentali sono avvenute su elementi dentari artificiali, utilizzando simulatori anatomici dotati di gengiva artificiale ed anatomia parodontale compromessa(Nissin model PER1001-UL-SP-FEM-32, Kyoto, Giappone) (Fig. 3). Il tartaro sottogengivale è stato appositamente ricreato, mediante l’ausilio di smalto cosmetico di colore nero. I depositi artificiali sono stati applicati in modo ripetibile e standardizzato su tutti gli elementi oggetto di studio (Fig. 4). Per la strumentazione sottogengivale è stato utilizzato a settaggio standardizzato uno specifico inserto ultrasonico disegnato per tasche parodontali profonde (PS instrument, EMS, Nyon, Svizzera).

I partecipanti, prima ancora dell’assegnazione al gruppo di appartenenza , sono stati sottoposti ad un training preparatorio, con strumentazione libera della durata di dieci minuti. In questa fase gli studenti hanno potuto testare i materiali utilizzati, comprendendo in particolare forza, tempi e movimenti necessari, per la rimozione del deposito artificiale. Ad ogni operatore sono stati assegnati due modelli, da usare nelle fasi di strumentazione.

Tab. 1 e fig. 4

Tutti gli studenti hanno effettuato le procedure di debridement sottogengivale, prendendo in considerazione gli elementi dentari #4.1 e #4.7. In un primo momento, definito T0, è avvenuta la strumentazione iniziale, cronometrata, delle aree radicolari dei due elementi dentali. Il limite di tempo imposto per la strumentazione di entrambi i denti era di sei minuti, in accordo con la tempistica dei protocolli Full Mouth.

Gli studenti partecipanti hanno appreso dell’appartenenza di gruppo solo dopo la prima strumentazione. I componenti del GS hanno eseguito, nell’ambito del tempo intermedio (T int), una autovalutazione endoscopica di dieci minuti visualizzando i siti di interesse e i depositi residui. L’unità endoscopica è stata impiegata senza l’ausilio del flusso di irrigazione (Fig. 5). Al successivo T1, tutti gli operatori hanno strumentato, su altro modello emulativo, gli stessi siti di interesse del T0. Anche i settaggi relativi al tempo operativo e allo strumento ultrasonico erano i medesimi. In seguito alle tre fasi di test, si è svolta la raccolta fotografica dei dati, nell’assoluto rispetto del criterio del masking dell’operatore.

Fig. 5 Endoscopio parodontale. Fig. 6 Fibra ottica a confronto con sonda parodontale. Fig. 7, 8 Esempio di binarizzazione dell’immagine.

Per la realizzazione delle fotografie delle radici, gli elementi dentari, una volta rimossi dai modelli di simulazione, sono stati collocati su appositi supporti stativi, realizzati mediante stampante 3D (Formlabs Professional 3D printer). Il posizionamento dei denti sulla struttura ne ha consentito il mantenimento ad una costante distanza dall’obbiettivo. Le superfici radicolari sono state fotografate nei 4 versanti vestibolare, linguale, mesiale e distale. In totale, dunque, sono state raccolte ed analizzate 384 immagini.

Per ogni immagine l’elemento dentale fotografato è stato isolato dal background mediante tecnica “Green Screen” su apposito software (Photoshop®) (Fig. 6). Con l’utilizzo di un secondo software (ImageJ®), è stata eseguita la binarizzazione delle immagini secondo sogliatura globale, permettendo di visualizzare sulle aree radicolari soltanto due tonalità: nero e bianco. Il programma è stato successivamente impostato per il riconoscimento delle aree pigmentate nere residue, permettendone conteggio e la misura in termini d’estensione del deposito (Fig. 7 e 8).

I dati raccolti sono stati poi sottoposti, dal punto di vista statistico, ad analisi multilevel con un modello misto, per valutare l’influenza sulla percentuale di aree con depositi, considerando come effetti fissi:

  • Gruppo di appartenenza
  • Fase di Strumentazione
  • Grado di esperienza dell’operatore
  • Tipologia dell’elemento dentario
  • Tipologia della superficie trattata

La descrizione dei dati è stata effettuata con medie e percentuali, attraverso la distribuzione in tabelle. Il livello di significatività α è stato fissato a priori al valore di 0,001.

RISULTATI

Dall’analisi statica è emerso come solo nel GS si sia verificato un incremento significativo dell’efficacia operativa (p< 0.001) tra la prima e la seconda strumentazione e questo per entrambi gli elementi dentali oggetto di studio. Il miglioramento registrato è risultato indipendente dal grado di esperienza clinica dell’operatore (tab. 2 e 3).

Tab. 2
Tab. 3

DISCUSSIONE

L’obiettivo della presente ricerca era quello di studiare se l’autovalutazione su base endoscopica potesse indurre miglioramenti nell procedure di rimozione del tartaro sottogengivale.

I risultati qui ottenuti, che ricalcano quelli dello studio preliminare, sembrano confermare come l’eventuale introduzione dell’autovalutazione endoscopica all’interno del percorso formativo del «professionista parodontale» possa rappresentare un valido metodo per una rapida ed efficace crescita professionale nell’ambito della strumentazione non chirurgica su base ultrasonica. In particolare, relativamente agli studenti del secondo anno, si è verificato un miglioramento costante per il GS su entrambi i denti. Tale risultato consente di affermare come la differente esperienza clinica, che ha effettivamente inciso sulla quantità totale di tartaro rimosso, non abbia però influenzato la crescita operativa, indipendentemente dal livello di partenza. Infine, risulta interessante approfondire la differenza in percentuale (-30%) relativo all’operatore esperto (GS) sul molare. Tale dato certifica l’utilità dell’endoscopio anche sugli elementi con una maggior complessità anatomica radicolare. La letteratura scientifica è oramai unanime nel considerare come poco utile l’endoscopia parodontale applicata alla terapia non chirurgica. I risultati di questo studio mettono in nuova luce questa tecnologia, puntando per la prima volta l’attenzione sulle potenzialità formative del professionista. Lo studio, è stato sviluppato su simulatori anatomici per una miglior standardizzazione procedurale, questa scelta in parte limitante non esclude ma, anzi, suggerisce la potenziale ed effettiva utilità di questa tecnologia direttamente nel training formativo del paziente. Condizione nella quale l’impossibilità di un controllo diretto diviene particolarmente concreta. L’atraumaticità dell’endoscopio parodontale rappresenta in questi termini un innegabile vantaggio.

CONCLUSIONI

Il presente studio, seppur con le relative limitazioni, ha permesso di determinare l’utilità dell’unità endoscopica nel percorso formativo dello studente per la strumentazione sottogengivale. Il miglioramento statisticamente significativo, infatti, è risultato indipendente dal grado di formazione di base dell’operatore. L’introduzione dell’endoscopio all’interno del percorso didattico-formativo universitario è in grado di rappresentare un mezzo efficace per la crescita professionale degli studenti.

 

Bibliografia:
  1. LM Baltius, MG Gussy, MV Morgan. The role of dental hygienist in the public health sector; an Australian perspective. International Dental Journal; 2000.
  2. Williams RC. Periodontal Disease. New England Journal of Medicine. 1990; 322 (6).
  3. Lazar V, Ditu LM et.al. Impact of Dentl Plaque Biofilms in Periodontal Disease: Management and Future Therapy. Periodontitis: a useful Reference; 2017.
  4. Ash MM, Gitlin BN, Smith WA. Correlation Between Plaque and Gingivitis. Journal of Periodontology. 1964;35(5).
  5. Lovdal A, Arno A, Waerhaug J. Incidence of clinical manifestations of periodontal disease in light of oral hygiene and calculus formation. The Journal of the American Dental Association. 1958;56(1).
  6. RJ Genco, WS Borgnakke. Risk factors for periodontal disease. Periodontology 2000; 2013; 62 (1).
  7. White DJ. Dental calculus: recent insights into occurrence, formation, prevention, removal and oral health effects of supragingival and subgingival deposits. European Journal of Oral Sciences. 1997;105(5).
  8. Stambaugh RV, Dragoo M, Smith DM, Carasali L. The limits of subgingival scaling. The International journal of periodontics &amp; restorative dentistry. 1981;1(5).
  9. Osborn JB, Lenton PA, Lunos SA, Blue CM. Endoscopic vs. tactile evaluation of subgingival calculus. Journal of dental hygiene: JDH. 2014;88(4).
  10. Geisinger ML, Mealey BL, Schoolfield J, Mellonig JT. The Effectiveness of Subgingival Scaling and Root Planing: An Evaluation of Therapy With and Without the Use of the Periodontal Endoscope. Journal of Periodontology. 2007;78(1).
  11. Graetz C, Schorr S, Christofzik D, Dörfer CE, Sälzer S. How to train periodontal endoscopy? Results of a pilot study removing simulated hard deposits in vitro. Clinical Oral Investigations. 2020;24(2).
  12. Partido BB, Jones AA, English DL, Nguyen CA, Jacks ME. Calculus detection calibration among dental hygiene faculty members utilizing dental endoscopy: a pilot study. Journal of dental education. 2015;79(2).
  13. John Y , Kwan and Suzanne M Newkirk. Ultrasonic Endoscopic Periodontal Debridement. Pocket Dentistry, 2015
  14. Montevecchi M, Checchi L, Checchi V. Novità in terapia parodontale non chirurgica. Dental Clinics. 2009; 4:11-18.
  15. Lee JK, Rowe DJ. Similarities and differences of international educational experiences of dental hygienists. Journal of dental hygiene: JDH. 2019;93(6).
  16. Asadoorian J, Botbyl D, Goulding M. Dental hygienists’ perception of preparation and use for ultrasonic instrumentation. International Journal of Dental Hygiene. 2015;13(1).
  17. Checchi L, Montevecchi M. Applicazioni in Parodontologia dell’endoscopia dentale. Dental Tribune. Published online 2008.
  18. Checchi L., Montevecchi M. L’endoscopio dentale nella terapia parodontale non chirurgica. Dental Cadmos. Published online 2004.
  19. Stambaugh R v., Myers G, Ebling W, Beckman B, Stambaugh K. Endoscopic Visualization of the Submarginal Gingiva Dental Sulcus and Tooth Root Surface. Journal of Periodontology. 2002;73(4).
  20. Bennasciutti J, Valeriani L, Lo Bianco L, Gatto MR, Montevecchi M. The role of Periodontal Endoscope in the subgingival instrumentation training. A pilot study on dental hygiene students. Abstract of Europerio10, Copenhagen, Denmark, 2022. Journal of Clinical Periodontology.
  21. Bennasciutti J, Valeriani L, Lo Bianco L, Gatto MR, Montevecchi M. Uso dell’endoscopio parodontale nel percorso formativo alla strumentazione sottogengivale. Studio pilota. Presentato sotto forma di Abstract presso il Collegio dei Docenti (Dental Cadmos), Bologna, 2022.
To cite: