Continuo a incassare le piccole parcelle da una parte della mia clientela in contanti che poi riverso alla mia banca. L’altro giorno ho chiesto un prelievo di 15.000 in contanti, ma sono stata oggetto di molte domande sull’uso che ne facevo. È legittimo? In realtà non volevo far conoscere alla banca dove avrei spostato i soldi e dove ho aperto un nuovo conto.
Nonostante l’andamento delle entrate sia evidente e ben giustificato da versamenti continui, l’operazione di una cifra sopra soglia pone il sospetto, non tanto di riciclaggio ma di uso del contante per effettuare pagamenti o per essere trasferito in maniera non tracciabile.
È ben comprensibile che, per varie ragioni, non si voglia esplicitare la vera motivazione (che farebbe decadere, per il caso in questione, ogni tipo di uso non consentito del contante, se ritenuta veritiera), ma deve essere anche compreso chi è tenuto ad accertarsi delle motivazioni di un prelievo in contanti.
Le forme di pagamento attuali spingono verso un uso sempre più limitato del contante e anche le forme più innovative stanno contribuendo in tal senso. In ogni caso una parte della popolazione pur sempre preferisce, per cifre modeste, pagamenti in contanti anche a fronte della perdita di eventuali detrazioni (per esempio il 19% da detrarre dalle imposte).
Qualunque forma di segnalazione l’istituto di credito dovesse effettuare, la possibilità di dimostrare a posteriori un tale trasferimento che rimane sempre nel possesso della stessa persona, permette di non essere destinataria di sanzioni. Attenzione a non realizzare un trasferimento di contanti, oltre soglia, tra persone diverse.
Di fatti se dal conto intestato al soggetto A si prelevano 15.000 euro per depositarli in un conto cointestato ad A e B si può chiaramente presumere il trasferimento di fondi.
D’altronde nel conto cointestato sia A che B sono nel possesso di almeno metà del valore così che ad A può essere imputato di aver trasferito denaro contante sopra soglia con la semplice apertura e versamento nel nuovo conto. Il fatto che B sia un congiunto attenua la criticità (sono necessari maggiori valutazioni nel merito), ma spesso non è privo di problemi.
Ho stipulato una sorta di contratto privato scritto con una famiglia per fidelizzarla assicurando una tariffa agevolata. Sulla base dello stesso, attraverso visite periodiche e programmate, assicuro controlli, lo sbiancamento dei denti e istruzioni per la corretta igiene dentale dei figli minorenni. Come mi devo comportare a fronte dei pagamenti cumulativi previsti (ogni 6 mesi) dato che gli stessi mi chiedono di dividere le spese per la detrazione ma pagano dallo stesso conto? Devo fare la parcella strettamente in base alle sedute o no, visto che assicuro una prestazione globale?
Il caso non frequente, non deve comunque, nei limiti del possibile inficiare i principi generali, che vogliono che nella parcella siano descritte le prestazioni rese, a quale persona e sia intestata a colui che ne sopporta l’onere. Alla base delle parcelle emesse c’è già un contratto giustificativo che descrive cosa si rende in termini di prestazioni. L’esigenza del cliente di avere una parcella separata per poter detrarre nella rispettiva dichiarazione le spese è anch’essa corretta.
Per tale ragione è possibile fare due parcelle intestate ai due genitori, nella quale includere anche le spese per i figli minori. Certamente se tutte le prestazioni (o in maniera preponderante) sono state eseguite nei confronti di uno invece che dell’altro è necessario che la parcella riporti una distribuzione di oneri adeguata, specificando, magari, le sedute svolte. In caso contrario se le prestazioni sono state rese in maniera paritetica ci si può attenere a una ripartizione eguale di quanto stabilito.
Ovviamente poichè potrebbe normalmente accadere che le prestazioni si svolgano durante tutto l’anno, è opportuno che alle scadenze semestrali prestabilite si emettano due parcelle per il periodo di fatturazione, per il quale far valere i principi sopra esposti in tema di ripartizione delle cifre. Nessun problema se, invece, non vi fosse il contratto.
A ogni prestazione una parcella, ovvero a ogni gruppo di prestazioni si emette parcella a fronte del relativo pagamento. Il fatto che il conto sia lo stesso fa presumere una cointestazione. Il problema è, tuttavia, per chi detrae dimostrare che la spesa sia rimasta a proprio carico.
Valgono le solite considerazioni sulla problematica che il pagamento, essendo struttura privata, avvenga con mezzi tracciabili e ci si trovi nell’ambito di attività di prevenzione, diagnosi o cura per cui è ammessa la detrazione.